Informazioni

Uvatha, the Horseman. The ninth Nazgul

The ninth Nazgul was born in 1970 of the Second Age, in the Olbamar quarries in eastern Khand with the name of Uvathar Achef; he was the son of an exiled prince and his father’s unhappiness soon became his. Uvathar spent the first ten years of his existence in the steppes of Khand, where he learned the arts of hunting and war, the only ones that aroused his interest in him; fierce and proud he became his soul and even before he was sixteen he was stained with the blood of numerous men and knew how to ride like no other Variag. Eighteen years old, he asked for and obtained command of his father’s army, leading him to obtain several victories, which brought him the throne of the upper Khand: not satisfied with this success, the young Uvathar defeated the king of lower Khand, Urig Urpod, unifying for the first time in his history the entire nation of the Variags under one crown. At the age of twenty-five, following the death of his father, Uvathar became the new warlord of Khand, attracting the attention of the Dark Lord, who offered him the last of the Rings of the Power of Men in the year 2006. Uvathar accepted without hesitation, as his people had always been tributaries of Mordor, and many of them revered Sauron as a deity: in the following centuries, Uvathar changed his name to Uvatha according to the black language of Mordor, and conquered vast lands south of Mordor, with the help of the armies of Ren the Mad. In the year 3262, after the capture of his mentor, Uvatha took refuge in Mordor, near Lake Nurn, where he trained numerous armies. After the fall of Numenor, Uvatha participated, like the other eight Nazgul in the siege of Osgiliath, but was unable to take over the city; he then went to the pass of Cirith Ungol where he prevented the Dunedain from leading new forces against Mordor. Too late Uvatha came with his armies to Barad-Dur, for Sauron had fallen and he vanished into the shadows.

Suggerimenti di lettura:

Uvatha, il Cavaliere, il Nono

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Perché Miriel è bionda? Fisionomia dei Numenoreani

Care lettrici, cari lettori,
scrivo questo articolo per rispondere a un quesito che mi è stato posto qualche giorno fa da un lettore in merito alla capigliatura bionda di Miriel. Egli trova insolita questa scelta da parte dell’autore, perché, a sua detta, tutti i Numenoreani avevano capelli scuri (principalmente neri) e occhi chiari (solitamente grigi). Ho pensato quindi di scrivere questo articolo per rispondere alla sua legittima domanda e perché credo che le indicazioni che emergeranno in questa disamina saranno utili anche per comprendere alcune scelte che potrebbero (in questo caso il condizionale è d’obbligo) essere portate avanti dalla produzione della serie sviluppata da Amazon sulla Seconda Era della Terra di Mezzo, nella quale non dovrebbero mancare attori e attrici scelti per impersonare i Numenoreani.

Premessa: in questo articolo non tratterò la storia di Numenor e dei suoi abitanti (se siete interessati, vi suggerisco di leggere questi miei contributi: Storia di Numenor: un’introduzione – I parte; Storia di Numenor – II parte; Storia di Numenor – III parte), ma ne approfondirò soprattutto le vicende etnografiche.

Iniziamo da una considerazione: il grande pubblico, fino a questo momento, non ha avuto ancora modo di familiarizzare particolarmente con i Numenoreani: gli unici che si intravedono in qualche scena della «Compagnia dell’Anello» – il primo capitolo cinematografico della trilogia girata da Jackson – sono Elendil e suo figlio Isildur. Entrambi ricorrono allo stereotipo fisico che ho descritto in precedenza: capelli neri e occhi grigi. Anche Aragorn, che dei Numenoreani è il legittimo erede, presenta i medesimi tratti fisici. Non si tratta di un errore della sceneggiatura, tutt’altro: come apparirà evidente nel corso di questa trattazione, anzi, la scelta effettuata è particolarmente apprezzabile.

La scelta di rendere Miriel bionda si deve essenzialmente a due motivazioni, l’una interna al legendarium tolkieniano, l’altra esterna. Cominciamo dalla seconda, che è la più semplice da trattare: come ho spiegato in questo articolo:…e arrivò il Marinaio! Corto Maltese, Aldarion ed Erfea inizialmente il personaggio femminile protagonista dei miei racconti avrebbe dovuto essere Elwen, una mezzelfa la cui capigliatura era nera; per questa ragione, allorché presi la decisione di inserire un secondo personaggio femminile (che, alla lunga, avrebbe finito col soppiantare Elwen, relegandola a un ruolo marginale), decisi che sarebbe stata bionda. Non si tratta di una scelta particolarmente originale, lo ammetto: comprenderete bene, però, che il mio intento, all’epoca, era soprattutto quello di evitare che i due personaggi – Miriel ed Elwen – finissero coll’assomigliarsi troppo fra loro.

La motivazione legata al legendarium tolkieniano, invece, è molto più interessante e complessa: per poterla apprezzare, è necessario però fare qualche rapido cenno etnografico sui Numenoreani.

Essi discesero da tre casate di Uomini (Edain in elfico) che nel corso delle prime battaglie fra Elfi e Morgoth, il Grande Male del Nord, si schierarono dalla parte dei primi, patendo innumerevoli sofferenze. Non entrerò nel dettaglio di queste storie, perché mi porterebbero fuori strada rispetto al mio obiettivo: se vi ho incuriosito, vi suggerisco di leggere gli articoli dedicati al Silmarillion (l’opera di Tolkien nella quale sono narrate queste storie) che il mio amico Federico Aviano sta scrivendo in questi mesi (qui trovate il testo relativo alla comparsa degli Uomini nei racconti di Tolkien: https://imlestar.com/2020/08/08/il-silmarillion-recensione-riassunto-e-spiegazione-parte-9-la-venuta-degli-uomini-e-la-morte-di-fingolfin/)

Le casate erano così caratterizzate:
La Casa di Bëor (I casata): essi erano scuri di capelli e dagli occhi grigi. Erano alti quanto gli elfi Noldor (180-195 cm per gli uomini e 170-180 cm per le donne). Furono tra quelli che patirono maggiormente la malizia di Morgoth e dei suoi servi e tra i suoi membri si possono annoverare la maggior parte dei grandi eroi umani della Prima Era.
La Casa di Haleth (II casata): questi uomini erano anch’essi scuri di capelli, sebbene di statura più piccola rispetto a quelli delle altre casate e di carattere schivo.
La Casa di Hador (III casata): questa, fin dal principio, era stata quella più numerosa. Prendeva il nome dal suo avo, Hador Chiomadoro, a causa della sua capigliatura dorata, e i suoi membri si caratterizzavano per essere feroci in battaglia e particolarmente alti, arrivando a raggiungere i 220 cm. Una parte di questi uomini non lasciò la Terra di Mezzo per migrare verso Numenor e dettero vita a quelle genti che, nel corso degli anni successivi, popolarono gran parte delle contrade nord-occidentali di questo continente: da esse discendono, per esempio, i Rohirrim, vale a dire il popolo guidato da re Theoden e dai suoi nipoti Eomer ed Eowyn.

Quando i superstiti di queste tre casate (pochi, forse meno di 10.000) fecero vela, al principio della Seconda Era, verso i lidi di Numenor, ci si rese conto che avevano subito destini diversi: in particolare, della seconda casata (quella di Haleth) non erano rimasti che pochi sopravvissuti. Diverso fato aveva conosciuto quella di Bëor: la maggior parte dei superstiti di questa casata si stabilirono nella regione di Numenor chiamata Andustar (come potete vedere nella mappa che vi allego in basso).

Perché è importante conoscere questa correlazione gegrafica? Perché nella regione di Andustar si concentrarono la maggior parte dei Fedeli, i Numenoreani che non caddero sotto l’influenza di Sauron e dei suoi nazgul. La stessa casata principesca che reggeva le sorti di quella contrada, inoltre, derivava dall’unione della primogenita reale con un principe locale: non c’è da meravigliarsi, dunque, se la maggior parte dei Fedeli, appartenessero dunque alla casata di Bëor e avessero quelle caratteristiche somatiche note al grande pubblico: capelli neri e occhi grigi. Dai principi di Andustar, inoltre, discendono in linea diretta Elendil e i suoi figli Isildur e Anarion e, attraverso molte generazioni, anche Aragorn.

Questo lungo ragionamento, tuttavia, non ci dice ancora nulla sulla capigliatura bionda di Miriel: ebbene, ho pensato che se la maggior parte dei Numenoreani (ad eccezione, come ho scritto in precedenza, di quelli che abitavano nella regione di Andustar) erano discendenti della casata di Hador, è possibile che molti avessero conservato il pigmento chiaro dei capelli: se consideriamo, inoltre, che anche Tar-Silwen, la regina madre di Miriel e moglie di Tar-Palantir, era bionda, allora dobbiamo dedurre che nelle vene della bella principessa numenoreana scorresse sia il sangue della prima casata (dalla quale discendevano i re di Numenor) che della terza, vale a dire quella materna. Questa unione potrebbe spiegarsi anche a livello politico: se è vero che Tar-Palantir cercò di riportare armonia fra i Numenoreani, reduci da una dura guerra civile – come sa chi ha letto il racconto de Il Marinaio e il Messere di Endoreè probabile che egli abbia voluto prendere in moglie una rappresentante del partito avverso al suo…magari non una dei suoi leader più radicali, ma una donna appartenente a una corrente politica che oggi definiremmo «moderata». E questo spiegherebbe anche una certa ostilità provata da Tar-Silwen nei confronti di Erfea, che apparteneva, invece, come sappiamo, a una frangia radicale dei Fedeli Numenoreani (come si intuisce nel racconto de La Rosa e del Ragno).

Per le ragioni che ho presentato in questo articolo, in conclusione, l’eventuale presenza di Numenoreani e Numenoreane biondi (o comunque dotati di capigliature più chiare) nella serie che Amazon sta producendo non dovrebbe meravigliarci più di tanto.

Spero che questo articolo ti sia piaciuto, alla prossima!

Ren the madman. The eighth Nazgul

«Born in the city of Ulk Jey Ama, in the year 1969 of the Second Age, Ren was the son of an enchanter and grandson of the Lord of the Chey: he had a quiet childhood, without any event suggesting what would happen once he became an adult. In 1992, Ren married Elyen, a woman of his own lineage, and moved to the Ered Harmal, where he resided for the next six years; in 1998, however, a severe plague devastated the Chey lands, and Ren was severely affected, although his body survived the long illness that prevented his awakening for many months: he finally woke up from a coma, however his mental health was been compromised. Ren had forgotten much of what he had learned in his youth, even his own name; yet, despite his wavering mind, he deluded himself that he had acquired a wisdom and a far-sightedness superior to that of any other Man: often, in the long night watches, his wife listened to him murmuring arcane and obscure words in his sleep, while, during the day, bent over his seat, he screamed to be the son of fire, the incarnation of the vital flame itself. Elyen tried desperately to cure her husband’s madness, summoning herbalists to her bedside even from western Khand, yet their care soon proved ineffective: Ren proclaimed himself king of the Chey and his followers practiced numerous violence, insulting women and sacrificing infants to the sacred flame. In a short time Sauron understood that the mad illusionist would be a valid servant, so that, in 2005, he offered him the eighth Ring of the Power of Men, with the promise that he would show him the source where the sacred fire came to life: soon Ren accepted , and driven by an unstoppable madness, aggravated by the corrupting power of the Ring, he organized his armies to conquer all of central-eastern Middle-earth; in the turn of a century, his troops, allied with those of the Khand of Uvatha, began to dominate an empire such as no man of their lineage had ever ruled until that moment. Ren settled in his hometown, after having his children and wife sacrificed to the purifying fire, the source of which was in the kingdom of Mordor; he left the capital of the kingdom of Chey only on the occasion of the arrival of Erfea Morluin in Numenor, when he joined the other Nazgul in an unsuccessful search. After the fall, Ren went to Mordor with his mighty armies and participated in the siege of Osgiliath, failing however due to the arrival of the troops of the Last Alliance; during the siege of Barad-Dur, the Witch-King ordered him to occupy the pass of Cirith Ungol, for fear that other troops of Gondor might come from the west: this strategy, however, proved useless, as the Ring was taken and Ren sank in the Darkness».

See also: Ren il Folle, l’Ottavo

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Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena

Care lettrici, cari lettori,
proseguo in questo articolo la narrazione della tragedia incentrata sulla figura di Celebrimbor, l’elfo noldo forgiatore dei Grandi Anelli. Trovate la prima parte della tragedia qui: Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

Coro:
L’apparenza dagli occhi di bragia e dal sorriso dorato
L’apparenza dal volto nascosto e dall’ingannevole aspetto
L’apparenza figlia della Notte e del Vuoto
L’apparenza ancella del Dominio e del Potere
L’apparenza appestatrice degli animi dei figli di Iluvatar
L’apparenza madre delle menzogne e dei desideri insani
L’apparenza dolce nenia dei saggi ammonimenti
L’apparenza malsano balsamo per le profonde ferite
L’apparenza speme per quanti al mondo più non si volgono
L’apparenza sovrana della bella morte
L’apparenza schiava della triste morte
L’apparenza temuta quanta desiderata

Annatar: (inchinandosi profondamente nei confronti di Celebrimbor): Mi avete fatto dunque chiamare, Signore dei Noldor? Esulta il mio cuore, ché da lungi desideravo mirare il sembiante del più possente tra i figli di Fëanor ed egli è sovente stato al centro delle mie peregrinazioni sin da quando mi giunse voce che un mirabile artista, le cui opere tutta Ëa invidia, dimorava in siffatta contrada.
Celebrimbor (ricambiando l’inchino): Signore? Di quale feudo o di quale schiatta la mia persona sarebbe dunque padrone?
Annatar: Non sono dunque veritieri i racconti che giunsero ad Occidente?
Celebrimbor: Di quali racconti parlate?
Annatar: Delle canzoni e dei poemi che scrissero in vostro onore i vetusti bardi del popolo dei Vanya.
Celebrimbor: (stupefatto in volto e pronunziando lentamente le parole) Siete stato dunque a Valinor ed avete fatto ritorno alla Terra di Mezzo? Ora comprendo per quale motivo la vostra venuta è preceduta da grande meraviglia e timore, ché molti diffidano dai Signori dell’Occidente, rei di aver abbandonato le contrade dalle quali noi, pur avendo la possibilità, non fuggimmo. Grande opere avrebbero pouto essere concluse se l’ignavia non avesse trionfato negli animi dei Valar e delle loro spose; se davvero provieni dalla contrada ove i miei avi vissero per qualche tempo, rammenta ai tuoi signori che le schiere degli orgogliosi Noldor, lungi dall’essere precipitate nelle barbarie e nell’ignavia, hanno retto queste contrade con sapienza e vigore. Io, però, non sono signore di codesta terra, ché essa è sotto la potestà di Celeborn il Sinda e della sua sposa, Galadriel, né le tue parole hanno rischiarato i miei dubbi su quanto impunamente hai pronunciato.
Annatar: No, mio signore, non vi è malizia nella mia voce, né imprudenza nella mia mente: quale elfo, infatti, fosse anch’egli valoroso come Celeborn del Doriath, può vantare le tue abilità nel rendere docili i metalli alla forgiatura e nell’incastonare i freddi diamanti sui gioielli che il tuo estro crea? Ora, forse, ti parranno veritiere le mie parole, ché non vi è potere più grande di quello che dimora nei figli di Iluvatar i quali siano in grado di plasmare la Fiamma Vitale a loro piacimento.
Celebrimbor: Ove vi è freddo e la materia è inerte, forse il mio intelletto è sufficientemente dotato per sapere infondere in essa forma e grazia; gli animi dei figli di Iluvatar, tuttavia, esulano dalla mia volontà ed essi non possono essere piegati come fogli di metallo, né con dolci parole, né con saggi ammonimenti. La Fiamma Imperitura, ahimé, non posso controllare, ché non conosco i segreti pertugi attraverso i quali la sua luce riscalda i cuori dei Noldor.
Annatar: Quanto è ignoto alla mente dei Primogeniti, non lo è dinanzi a quella degli Ainur.
Celebrimbor: Chi sei tu, dunque?
Annatar: Il Signore dei Doni, del popolo di Aulë il Fabbro, giunto alla Terra di Mezzo per colmare i suoi abitanti delle letizie che per troppo tempo i Valar dell’Occaso negarono loro; ora che mi avvedo della possanza del figlio di Curufin, comprendo come nesssun cimelio, per quanto splendente, potrà mai eguagliare il suo spirito».

Continua…

Adunaphel, the Sorceress. The Seventh Nazgul.

Princess of Forastar in Numenor, lady Adunaphel was born in the year 1823 of the Second Age in the city of Armenelos, daughter of Initildun, prince and commander of the king’s fleet; from an early age she was distinguished from her companions by a sharp mind and a beauty similar to that of elven women: growing up, Adunaphel refined her talents, and numerous Men asked her hand, seduced by her charm and her will to steel. Adunaphel, however, disdained such proposals, not considering them to be up to her reputation. She feared death very much and never forgot the sufferings that her elderly father had suffered during the slow agony that had led to his death, caused by his mad desire to abjure death itself, persisting in his mortal body. There was little affection between the lady of Forastar and her mother, who supported the cause of the Eldar and was opposed to the king’s party, to which her daughter adhered enthusiastically: at the court of the sovereign she met Prince Atanamir, and her heart was filled with passion towards him, considering him superior to those he had rejected in the past; great was her anger when the Heir to the throne rejected her and she swore on her father’s memory that she would get the prince’s head. In 1914 S. A., Adunaphel abandoned Numenor to found a colony in Middle-earth and subdue its inhabitants; for a long time she traveled west, until she found herself in the lands of Variags, where she imposed her law: for some years the kingdom of Ard the Vain, as she called herself, expanded its borders to the east and south, until , tired of having to pay tribute to her king, she took the opportunity to declare her independence. Atanamir, meanwhile becoming ruler of Numenor, decreed her death sentence and she fled to the East, while her kingdom was occupied by the armies of Numenor. Anger and wrath broke out in her heart and long wandered in the deserts of Khand, until the day she was captured by a tribe of Variags, whose lord made her their favorite slave; she was patient until she seduced her master’s guards and was not sure she had learned the arts of the sword and the spear. After a year Adunaphel slaughtered the king of the Variags in his sleep and proclaimed himself queen of that people: Sauron then heard of the lady of Numenor and summoned her to Mordor, promising her revenge against the warriors of Atanamir. Adunaphel accepted the Dark Lord’s offer and received the Seventh Ring of Men, swearing eternal loyalty to his master, in the 2004 year of the Second Age. Over the next thousand years, the Nazgul lived in the capital of his empire, which in the elven language was called Minas Gulwen (Tower of the Witch Maiden), plotting the fall of Numenor; in the year 3277 Sauron sent her to Umbar, where she seduced the lieutenant of Ar-Pharazon, so that the influence of the Fallen Maia spread to the port. Erfea Morluin visited the stronghold of Adunaphel two years later and defeated its servants with the help of the elven prince Morwin: furious, Adunaphel then confronted the two warriors and would have won victory, if at that moment the Sun had not risen in all his mighty humiliating her black spirit. After Atalante, the armies of Adunaphel took the city of Minas Ithil and headed for Osgiliath, being severely defeated during the first siege: later, she was close to achieving her goal, when the armies of the other Ulairis arrived and Gondor seemed to collapse; however, the arrival of the Alliance forces upset her plans and she fell back to Dagorlad, where she was defeated again. In the last years of the siege she participated with the other Nazgul in the defense of Barad-Dur, falling into oblivion when Sauron fell.

Suggerimenti di lettura:
Adunaphel l’Incantatrice. La Settima
Ritratti – Adunaphel l’Incantatrice

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Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I

Care lettrici, cari lettori,
quest’oggi vi propongo il primo atto di una tragedia che scrissi alcuni anni fa, intitolata «Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere». Questa tragedia, costruita a imitazione di quelle classiche, è provvista di coro e narratore onniscente. Celebrimbor è stato il più grande artista elfico della Seconda Era, colui che creò, insieme ad Annatar, i Grandi Anelli del Potere. In questa scena iniziale il fabbro elfico si lamenta del suo amore non corrisposto nei confronti di Galadriel, moglie di Celeborn.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

L’immagine in copertina è opera di kimberly80.

Narratore: Celebrimbor entra nella sala delle forge, nei sotterranei della città di Ost-In-Edhil, ove è intento a realizzare opere di grande valore.

Coro: Sventura attende coloro che i Grandi Anelli Forgiarono
Nulla è nella Natura che non debba mutare il suo corso
Come le foglie nel grigio autunno
Così le fragili esistenze dei figli di Iluvatar avvizziscono
Sventura sul figlio di Curufin
Che la mano osò levare sul biondo oro e sul freddo diamante
Sventura sul popolo di Eregion
Che i biechi lacci del cacciatore non seppe evitare
Sventura sull’oscuro discepolo di Morgoth
Ira e rancore mossero i suoi passi su vacui sentieri
Ed egli qui pervenne
Ché la rovina dei Noldor fosse completa.

Celebrimbor: Se io fossi, amici, inabile alle armi, pure non lamenterei la mia sventura; se io fossi lento nella corsa e nella lotta, pure mai ascoltereste la mia voce levare alte grida di rabbia; se io fossi cieco e storpio, pure il mio cuore non ne soffrirebbe, ché vi sono altri sensi oltre la svista, né essi mi sono sconosciuti; se io fossi, tuttavia, incapace nel parlare, allora grande sarebbe il mio risentimento e le volte delle aule di Ost-in-Edhil risuonerebbero di echi spaventosi ad udirsi.
La più possente fra le arti che i Valar insegnarono ai miei avi, infatti, consentì loro di comprendere il creato e di differenziarsi in questo dalle bestie della terra e dagli uccelli del cielo; prima che gli Elfi si destassero ad oriente, nessuno aveva dato un nome alle creazioni di Eru Iluvatar ed esse giacevano dimenticate, in antri oscuri e gelidi, ove mai era giunto il destriero di Orome il Valoroso.
Un dì, tuttavia, un elfo levò, stupito in volto, la mano verso il cielo e scorse una luce che nessuna tenebra poteva offendere: chiamò quel prodigio stella ed il suo nome fu tramandato ai posteri, affinché essi imparassero a riconoscere e ad onorare la luce di Elentari.
Amici, grande invidia nutre il mio cuore per un simile elfo, che levò alto il suo grido d’amore verso la luce più splendente che i suoi occhi avessero mirato! Egli seppe così attribuire il nome all’oggetto del suo disio e ne fu senza dubbio appagato, ché, altrimenti, mai sarebbe stato tramandato il suo ricordo a coloro che ancora della nostra stirpe errano su questi lidi al di là del mare; io, tuttavia, che infinite opere creai e ornai di bellezza e virtù, sicché esse parvero prendere vita, non mi sono mostrato all’altezza della mia fama, ché ancora esito e non vi è grido che mi salga dal cuore che possa alleviare il mio tormento.
Quale nome, infatti, potrebbe risvegliare in lei quanto nel mio animo è divenuto allo stesso tempo tortura e delizia? Quali cimeli potrebbero eguagliare il tesoro che la casa di Celeborn il Sindar custodisce sì gelosamente?
Io credo, o Noldor, che mai nessuna arte dei figli di Fëanor potrebbe allietare il mio tormento; voci, tuttavia, mi sono giunte da Oriente e da Occidente, dalle steppe del Rhovanion e dal regno del mio sovrano, Gil-Galad, l’Alto, voci che potrebbero guarire le ferite del mio animo, se si dimostrassero veritiere. Un grande signore, adorno della maestà dei reggenti dell’Occidente, è infatti giunto alle contrade dei Noldor e ha domandato udienza presso i Principi della mia schiatta: invero, molto desidero conoscere tale essere, ché alcuni mormorano essere in grado di chiamare a sé le Potenze del cielo e della terra.
Orsù, dunque, conducete da me il viandante di cui vi ho parlato e badate che nessuno disturbi il nostro colloquio».

Hoarmurath, The King of ice. The sixth

«Born in the year 1954 of the Second Era in Emurath of Uab, in the forest of Dir located in the far north of Middle-earth, Hoarmurath was a descendant of a lineage of rough mountaineers and hunters: his mother had been the great matriarch of the kingdom of Urdar until death had seized her during one of the numerous wars waged against the people of Forochel, leaving the throne in the hands of her eldest daughter Amurath, according to the laws of her kingdom; on that occasion Hoarmurath became the Lord of the House, thus achieving the most coveted office a Man could desire in the county of Urdar. Soon, however, Hoarmurath’s ambition deemed his position insufficient to accomplish the grand goals that his mind had matured during a stay among the people of Khand; there he was convinced that the royal mantle belonged to a man and that his sister should be deposed: returning to Urdar he recruited many supporters among those who detested Amurath, openly proclaiming the rebellion.

Outraged by her brother’s foolish behavior, the matriarch of Urdar ordered his arrest and ordered his exile; Armed clashes followed between the two factions, until Amurath fell under the blows of the assassins of his brother, who placed the crown of Urdar on his head in 1992; made arrogant by his successes, Hoarmurath set out to conquer the territories of the Lossoths. He feared nothing, because he was indeed a great warrior, yet his queen wife could not give him that male heir that would ensure the survival of his dynasty: then the fear of death took him and he turned to his ally, Khamul l Oriental, who offered him, on Sauron’s order, the Sixth Ring of Men; blinded by madness, he accepted it without asking any questions and fell prey to the power of the Shadow, in the year 2003 of the Second Era.

Over the next four hundred years, he expanded the borders of his realm, conquering the lands of the Lossoth and even pushing himself into Rhovanion, where he subdued numerous tribes of Esterling: finally, after killing his first wife and securing an heir to his kingdom, he left for Mordor , where he served his lord until his capture by the Numenoreans. After the Fall, he returned to Urdar, where he commanded the armies of Dir in the battles against the knights of Rhovanion who had not yet submitted to Sauron’s will, defeating them in battle near the Celudin River; However, recalled to the siege of Gondor, the Ice King, as his warriors called him, led his army south.

After the defeat by the Last Alliance, Hoarmurath participated in the defense of Barad-Dur, falling into the shadows when Isildur took possession of the One Ring».

Suggerimenti di lettura:
Hoarmurath di Dir, il Re del Ghiaccio, il Sesto.

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L’introduzione al Ciclo del Marinaio

Care lettrici, cari lettori,
l’altro giorno rileggevo il «Ciclo del Marinaio» e mi sono così reso conto di non aver mai pubblicato l’introduzione al volume, che spiega una serie di caratteristiche di Erfea (e dunque, per esteso, anche dei miei racconti). Partiamo dai dati «storici», vale a dire da quelli che lo stesso Tolkien ha concepito e possono dunque considerarsi canonici: al principio della Quarta Era, dopo la sconfitta di Sauron, Aragorn, divenuto nuovo re di Gondor e Arnor, decise di riappropriarsi di tutte quelle fortezze che, per un motivo o per un altro, erano state sottratte al controllo di Gondor negli ultimi tempi. Nella torre di Isengard – dove aveva vissuto fino a poco tempo prima il malvagio stregone Saruman – Aragorn, aiutato da Gimli, fece una scoperta sconcertante: in una nicchia segreta – che solo l’abilità del nano poté individuare – erano nascosti alcuni cimeli della sua famiglia, fra i quali la catena che un tempo teneva l’Unico Anello al collo del suo progenitore Isildur (quello che tagliò il dito con l’anello a Sauron, avete presente la scena?)
Fin qui i dati «storici», contenuti nell’edizione italiana dei «Racconti Incompiuti» (che vi consiglio caldamente di leggere). E se Aragorn avesse trovato qualcos’altro, oltre a quello che Tolkien aveva sottolineato? Leggete per saperne di più…

Aspetto i vostri commenti, al prossimo articolo!

«Orgilion (1), 19 Narbeleth (2), settimo anno della Quarta Era

Sire Elessar (3),
il manoscritto che avete recuperato dalla grande torre di Orthanc(4) è pressoché intatto, nonostante siano trascorsi più di tremila anni dalla sua compilazione: ignoro se tale longevità della pergamena sia dovuta a una sua qualche intrinseca proprietà a me ignota, oppure sia da attribuire alla cura con la quale Saruman il Bianco l’aveva preservata dal lento, ma incessante, logorio del tempo.
Lunga è stata la sua decifrazione, ché essa è scritta in un linguaggio poco noto agli uomini di Gondor oggidì, sebbene ciò costituisca indubbiamente una grave pecca, ché un tempo erano in molti coloro che conoscevano il Quenya nella sua antica forma; ora, tuttavia, dal momento che l’antica stirpe è svanita ed essa ha abbandonato i lidi di Endórë, più i mortali – fossero anche essi i discendenti di Númenórë svanita nelle acque – lo adoperano, sicché è stata mia premura tradurla nell’Ovestron, ché essa fosse comprensibile a quanti avessero in animo di leggere tali scritti.

In questi scritti è narrata la vicenda di un principe númenóreano, Erfëa, figlio di Gilnar, dacché egli era giovane sino alla sua dipartita da Endórë; nessuna menzione di tale Dúnadan è possibile riscontrare nei Rotoli del Re, e invero, curiosa mi parve in principio tale anomalia, ché egli era un lontano discendente di Atanalcar, quarto figlio di Elros Tar-Minyatur allorché il mondo era giovane; pure, poiché ora molto ho appreso del suo fato, ritengo di aver trovato soddisfacente spiegazione per tale mancanza, ché egli era invitto ad Ar-Pharazôn, a causa del sentimento che lo legava alla sua cugina e sposa, Miriel, ed è probabile che costui abbia distrutto con il fuoco ogni altro documento concernente tale Uomo.

Se parrà opportuno alla vostra graziosa maestà e alla sua nobile consorte leggere quanto la mia mano ha solo vergato sulla chiara pergamena e non scritto di suo pugno – ché troppa, invero, sarebbe stata la fatica e io non sono che un umile scrivano – essi troveranno novelle concernenti quanti vissero nella Seconda Era e molti di coloro che ebbero parte agli eventi dei secoli successivi.

In fede,

Heruo di Gondor, scrivano e contabile del Re».

Note
(1) “Lunedì” nella lingua Sindar degli Elfi
(2) “Ottobre” nella lingua Sindar degli Elfi
(3) “Elessar” (gemma di radianza) era uno dei nomi elfici con cui era conosciuto Aragorn.
(4) “Orthanc” nome elfico di Isengard

Suggerimenti di lettura:
Dizionario dei personaggi de «Il Ciclo del Marinaio»
Da Numenor alla Terra di Mezzo: benvenuti, lettori de «Il Ciclo del Marinaio»!
Il Ciclo del Marinaio

Akhorahil, the Storm King, the Fifth Nazgul

Born in the year 1888 of the Second Age, Akhorahil was the first son of Ciryamir, belonging to the same lineage as the king of Numenor, Tar-Ciryatan; although he was a Man of prodigious strength and a far-sighted mind, Akhorahil was corrupted by his unbridled ambition. In 1904, Ciryamir obtained a license from the ruler to found and administer a royal colony in the south of Middle-earth. The following year, Akhorahil sailed with his family to disembark with his army at the port of Hyarn, in Endor and from there, across the Aronduin River, to the newly founded citadel of Barad-Caramun (Sunset Tower ). There, Ciryamir founded the realm of Ciryatandor, and it extended from the sea to the foothills of the Yellow Mountains.

Young in mind and body, Akhorahil enjoyed his new home, but his spirit longed to strike fear into those around him; such was his ambition that he applied himself with iron will to the study of the dark arts, yet the results obtained in this field did not fully satisfy his reputation for power. It was not many years before his heart began to claim his father’s throne, until in 1918 he promised an elderly Harad priest that he would trade his blue eyes for the two Dominion Gems, the same ones that had allowed his previous one. possessor of becoming the foremost expert of the Dark Arts in the realm of the Haradrim.

Soon, the cruel Numenorean used these artifacts to control his father’s mind and lead him to madness and finally to suicide: in this way, the one who now called himself the Storm King, obtained the paternal throne and married his sister Akhoraphil.

During the twentieth century, Akhorahil conquered vast lands in the south of Middle-earth, arousing the interest of Sauron, who wanted to take possession of this realm: an ambassador was sent to the Storm King, with the secret task of offering the Numenorean the fifth Ring of Power of Men, promising him unlimited knowledge and glorious immortality. Consumed by greed and ambition, Akhorahil tied his soul to that of the Dark Lord, obtaining his Ring in 2002.

For the next two hundred and fifty years, the Storm King was not seen by any of his subjects, while his wife and firstborn left the court, shocked by the metamorphosis that the mad Numenorean had undergone; the Nazgul, however, decreed premature to reveal himself to the world and continued to pay tribute to Numenor, who did not want to arouse suspicion in the king’s court. Finally, when the time was ripe, he proclaimed the independence of Ciryatandor, mocking the attempts of his ruler, Tar-Ancalimon, to bring the subject back to obedience: after a few years, the armies of Numenor annihilated the kingdom of the Storm King; however, he had fled to the last district where his enemies would have sought him, and elected Elenna herself as his new homeland, residing on the island of the Gift until the reign of Tar-Palantir, who proved incorruptible to the action of his servants. Deep in the Harad, the Nazgul had founded an impregnable fortress and went there when he fled from Numenor; to his great disappointment, however, Erfea Morluin went into the dark depths of her home, discovering the true identities of the Ulairi there. Great anger broke into his heart the Storm King when his citadel was violated and furious he swore to slaughter with his own hands the one who had dared to do such an act.

Vedi anche la versione italiana:

Akhorahil, il Re Tempesta, il Quinto

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When i was younger…il Signore degli Anelli e Tolkien nel vecchio millennio

Care lettrici, cari lettori,
quest’oggi l’articolo mi è stato ispirato dal bellissimo pezzo scritto in questa settimana da Federico Aviano sul Signore degli Anelli (potrete leggerlo o rileggerlo qui: https://imlestar.com/2020/11/16/tolkien-il-piu-grande-scrittore-di-tutti-i-tempi/), nel quale l’autore osserva come Tolkien non abbia goduto di particolare fortuna fino ad anni recenti. Rileggendolo mi sono ritornati in mente alcuni ricordi della mia adolescenza, quando ero giovane, come riporta il titolo di questo articolo, che è lo stesso di una bellissima canzone dei Lighthouse Family che mi ha più volte ispirato nella stesura dei miei racconti (ebbene, finalmente sono riuscito a tornare anche su questa rubrica del mio blog! Grazie ad Almerighi per la sua pazienza!)

Dunque, questa storia inizia nel 199…ehm ok, diciamo nell’ultimo decennio del vecchio millennio! Non si chiede l’età a un autore…

Scherzi a parte, come dicevo, questa vicenda iniziò in un Liceo classico di provincia: frequentavo la quarta ginnasiale e la professoressa di italiano ci affidò, come prova di valutazione iniziale, un tema con la seguente traccia: «Descrivi un romanzo che ti è piaciuto particolarmente». Insomma, non ricordo esattamente le parole, però più o meno questo era l’intento: capire quali fossero i nostri gusti letterari.

Inutile a dirlo, come credo avrete capito, scrissi 12 colonne…sul Signore degli Anelli. Cosa c’è di strano, mi chiederete? Ebbene, all’epoca, prima dell’uscita della trilogia cinematografica di Jackson, Tolkien non era esattamente un autore popolare. Oggi sono pochi gli adulti che non sappiano – almeno vagamente – associare il suo nome al romanzo del Signore degli Anelli; probabilmente, inoltre, non avranno difficoltà a snocciolare almeno qualche nome tolkieniano. Frodo, Sauron, Aragorn sono personaggi, fra gli altri, ormai entrati di diritto nella cultura popolare mondiale. Per avere un’idea della loro popolarità attuale, basta sfogliare Facebook per notare quanti meme sono stati ispirati a scene divenute ormai iconiche della trilogia di Jackson: tanto per citarne un paio, quella in cui Gandalf blocca il Balrog sul ponte di Khazad-Dum (ricordate il celebre: «Tu non puoi passare!»?), oppure quella in cui Boromir osserva che «non è facile entrare a Mordor». E ce ne sono moltissime altre, naturalmente. (Se desideri approfondire l’argomento, ti suggerisco la lettura di questo mio articolo: Sedici anni dopo: cosa resta della trilogia di P. Jackson. Analisi di un fenomeno culturale controverso).

All’epoca, invece, Tolkien era un autore ancora poco conosciuto nella realtà provinciale: nella mia classe, composta allora da 28 alunni, eravamo solo in due a conoscerlo, io e (ovviamente) il mio migliore amico, al quale, nell’estate fra terza media e quarta ginnasiale, avevo fatto divorare l’intera mia biblioteca tolkieniana…oltre, naturalmente, a prestargli la mia VHS del film d’animazione del Signore degli Anelli diretto da Ralph Bakshi, al quale Lettrice ha dedicato un bellissimo articolo (potrete leggerlo qui: https://wordpress.com/read/feeds/78861705/posts/2422640572) e dal quale è tratta la copertina di questo articolo.

Qualche giorno dopo, la professoressa ci riconsegnò i compiti. Arrivata al mio turno, mi guardò con un’aria di stupore e disprezzo allo stesso tempo e definì il mio elaborato mediocre: 5. Al di là della votazione non proprio esaltante, la cosa che più mi fa sorridere, a distanza di tanti anni (ahia! ci risiamo sull’età…) è che il suo primo commento fu questo: «Non ho mai sentito parlare di questo Tolkien. Ho dovuto chiedere alla collega di inglese per avere un’idea più precisa di questo autore. Chi sarebbero poi questi Hobbit? E questo Erodo (sì, non ho sbagliato a scrivere, era convinta che questo fosse il nome di Frodo!) chi sarebbe? E così via…

Naturalmente, come potete immaginare, ci rimasi molto male, anche perché questi commenti mi erano stati mossi davanti a tutta la classe. La tiritera andò avanti ancora un po’, insistendo sul fatto che si aspettava da me un elaborato su Calvino…che prima degli autori stranieri, avremmo dovuto conoscere quelli nostrani e così via…Potete immaginarvi la scena, non sto a dilungarmi ulteriormente su questa immagine penosa.

Io, però, non mi arresi e qualche mese più tardi ebbi ancora modo di tornare sul mio autore preferito, ancora una volta entrando in conflitto con la stessa professoressa. La lezione di quel giorno era incentrata sull’epica e, più precisamente, sui miti fondatori dell’universo. Si parlava del potere fondante della parola, della Bibbia, dei miti greci, ecc…quand’ecco che la suddetta professoressa domandò alla classe se conosceva strumenti altrettanto potenti nel dare vita all’universo. Ovviamente io alzai la mano e risposi: «Il potere della musica nei miti tolkieniani!»…

Gelo in classe…

…e, naturalmente, altra lunga tiritera sul fatto che i miti classici non possono essere paragonati alle fantasie di uno sconosciuto autore straniero (e dagli!) e che avevo evidentemente troppo fantasia per elaborare simili teorie senza alcun senso. A distanza di anni, mi vien da sorridere perché mi rendo conto molto bene di quanto lei fosse in difficoltà di fronte a tutta la classe…anche perché – credetemi sulla parola – io replicavo punto per punto, sperando, nella mia ingenuità, di farle cambiare idea. Piccola precisazione che forse può aiutarvi a comprendere meglio il clima che si respirava in quegli anni: in un’antologia in uso presso un’altra sezione, Tolkien era citato nel capitolo dedicato alla…«paraletteratura», insieme ai fumetti e a libri-games! Ecco, l’idea stessa che esista una paraletteratura mi fa rabbrividire ancora oggi…

Alla lunga, comunque, capii che con il dialogo non avrei ottenuto nulla: d’altra parte si trattava della stessa professoressa che, pur messa dinanzi a una serie di enciclopedie che il sottoscritto le aveva gentilmente mostrato, restò convinta che i mammiferi fossero comparsi solamente dopo l’estinzione dei dinosauri…ma di questo, magari, parlerò in una prossima occasione…

Dicevo, ero ormai arrivato a un punto morto e mi sentivo – come potrete immaginare – anche piuttosto scoraggiato: fu allora che decisi che – se non potevo convincerla a parole – l’avrei «obbligata», per così dire, a riconoscere la bontà dell’epica tolkieniana con un piccolo stratagemma.

L’occasione mi si presentò a fine maggio: ultimo compito in classe di italiano, fra le varie tracce che erano state approntate, compariva anche questa: «Scrivi un componimento ispirato ai miti che hai studiato quest’anno». Anche in questo caso, naturalmente, le parole non sono precisissime, comunque il senso è quello che vi ho descritto.

Sorrisi: finalmente la mia occasione di vendicarmi era a portata di mano (anzi di penna)…

…e così scrissi, di getto, altre 9 colonne (lo so, ero uno scrittore prolifico già allora!) nelle quali riportai – fedelmente, per quanto la mia memoria lo permettesse – una parte decisiva del Signore degli Anelli, ossia la Battaglia dei Campi del Pelennor!!! Ebbi però l’accortezza – e qui risiedette la mia astuzia – di cambiare i nomi dei personaggi: niente nomi tolkieniani – o vagamente nordici – ma solamente nomi ispirati alla mitologia greca e romana. Ricordo, ancora, con soddisfazione, come descrissi il duello tra la mia Eowyn greco-romana (della quale, perdonatemi, ma non ricordo più con certezza lo pseudonimo che le affidai per quell’occasione…credo che fosse Diana) e il malvagio Signore dei Morti…alias, naturalmente il Capitano dei Nazgul!

Risultato?

9 e mezzo, lettura del componimento davanti alla classe e, come avrebbe detto Fantozzi, «92 minuti di applausi!»

(e tenete anche conto che, a differenza di quanto avviene oggi, all’epoca un nove e mezzo era un risultato assolutamente fuori dalla norma)

Ritornai a casa triofante, non tanto (o comunque, non solo) per il voto in sé, ma perché avevo dimostrato come, solo cambiando i nomi dei suoi personaggi, avevo reso giustizia a Tolkien e alle sue opere.

Il re, invece, era nudo.

Car* lett* grazie per aver letto questo ricordo di adolescenza, spero di averti fatto divertire (e perché no? anche riflettere)!