Buongiorno,
per celebrare il tema del Tolkien Day scelto per quest’anno – il sacrificio – ho scelto di riproporre quello di Ariel, Signora delle Amazzoni, che si immolò per impedire la caduta di Osgiliath nella Seconda Era.
Buona lettura e a presto!
Ariel si ergeva ritta innanzi al cancello, simile a Varda prima che Morgoth fuggisse e la rovina piombasse su Valinor; penoso era il suo sguardo, eppure limpidi i suoi occhi, ché fiero era il suo animo e pure nella profondità della tenebra intravedeva un barlume di luce. Lesta cercò l’Alto Theng del Rhovanion con lo sguardo e quando lo ebbe trovato, tali furono le sue parole di commiato: “Addio, Eothraim! Mai oblierò le tue cortesi parole e se questi non fossero stati tempi di guerra, diverso sarebbe stato il nostro percorso! Giunta è la mia ora; possa essere la tua altrettanto gloriosa!”.
Possente riecheggiò l’urlo di guerra dell’Amazzone e gli Orchi fuggirono innanzi a lei; nulla poté Aldor, ché ella era una donna vigorosa e la sua scelta già presa; sola la vide avanzare nella tenebra, la lunga lama in acciaio sguainata accanto all’alto elmo di ali guarnito. Ando-Anca la osservò, minuscola figura, ergersi sulla rovina che il suo soffio gelido aveva causato; grande, allora, avvampò nel suo cuore l’ira, sicché allargò le ali e, simile a una saetta, si lanciò contro la donna; più lesta ancora fu tuttavia Ariel e con maestria affondò la mortale lama nelle fauci del nemico.
Schiumò e urlò, il possente figlio di Ancalagon, e la terra fu squarciata dalla sua atroce agonia; nulla poté tuttavia, ché, sebbene l’Amazzone fosse stata trafitta dai suoi possenti denti, pure la sua lama era affondata nel suo cranio, rimanendone fieramente incastrata, simile a un bianco vessillo ornato di sangue. Come una frana che tutto sconvolge, così Ando-Anca precipitò dalle alte mura, travolgendo quanti erano lungo la sua traiettoria; fuoco e ferro, acqua e legno, nulla sopravvisse al suo passaggio ed egli affondò in basso, trascinando nella sua rovina il possente ariete che le schiere di Mordor avevano condotto a Osgiliath; lesto allora il panico si impadronì dei servi di Sauron ed essi fuggirono per ogni dove. A nulla valsero le selvagge urla dei condottieri dell’Occhio, ché essi furono travolti dalla pazzia che sembrava aver invaso i cuori dei loro soldati. Un possente clamore si udì echeggiare dalla pianura, infine tutto fu silenzio: Ariel era morta, ma il suo sacrificio aveva impedito alla città di cedere.