Storia di Miriel – Questioni di famiglia

Care lettrici, cari lettori,
sia pure a rilento a causa dei tanti impegni, continuo a scrivere il «Racconto della Rosa e del Ragno». In questo brano avrete modo di approfondire la conoscenza della famiglia di Miriel, composta da suo padre Palantir e da sua madre Silwin. Ricordiamo che, all’epoca in cui questo racconto è ambientato, Miriel è ancora la principessa ereditaria del regno di Numenor, figlia di un principe reale e nipote del sovrano dell’isola. Troverai le altre parte del racconto in fondo a questo articolo.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

«Costei [Silwin, moglie di Palantir e madre di Miriel, NdA], svelato il suo sembiante, si approssimò all’uomo che sedeva, con la mente e il cuore perso in lontani ricordi. «I Valar ti sorridono mio signore – l’apostrofò con durezza quando fu certa che la figlia si fosse allontanata a sufficienza da non potere udire le sue parole – ma non è forse questo il medesimo sentimento che ora puoi leggere negli occhi di nostra figlia». Egli sospirò, infine, rivoltole cenno affinché si accomodasse nel medesimo scranno che sino a pochi istanti prima era stato occupato dalla bionda fanciulla, così le rispose: «Non vi è ragione alcuna per cui tu debba essere in collera con me. Dopotutto, entrambi avevamo all’unisono concordato la necessità di questa prova». La donna, la cui bionda capigliatura splendeva nelle prime tenebre della sera, mosse rapidamente la mano, quasi a voler scacciare un pensiero molesto: «Non fu alla prova che opposi il mio diniego – e qui parve che il suo sguardo lanciasse strali velenosi contro il marito – ma a colui che tu designasti come destinatario del tuo ambizioso piano». S’interruppe per un istante, indi riprese a parlare abbassando la voce, quasi che temesse esservi all’ascolto nell’ora del Vespro spie invisibili: «Perché il figlio di Gilnar? Non è forse egli crudele come possono esserlo i giovani principi di Numenor? A lungo blandisti le mie paure, argomentando con tanta dovizia di particolari intorno alla presunta bontà d’animo di questo fanciulletto; io, tuttavia, null’altro vidi nelle tue parole che fantasmi di timori che mai riuscimmo a sopire, sin da quando nostra figlia venne al mondo. Dicesti che egli sarebbe stato un farmaco di indicibile potenza per arrestare i capricci e le voluttà di una fanciulla destinata un giorno a succederti sul trono di Numenor, secondo le leggi che i tuoi padri decretarono. Da par mio, tuttavia, null’altro scorgo che arroganza e boria; laddove i suoi compagni hanno preso a chiamarlo Erfea, egli, pur di non piegarsi a questa infamante accusa, si è arrogato con forza l’appellativo con il quale è stato disprezzato e non ha esitato ad usarlo come nome comune».

La donna s’interruppe per un istante, indecisa se aspettare una sua replica, oppure proseguire la sua accorata arringa; infine riprese e la sua voce si ridusse a un sussurro impercettibile: «Perché, Palantir, figlio di Ar-Gimilzor, non scegliesti Elendil di Andunie? O Arthol di Mittalmar? Perché questi principi, figli di illustri famiglie e perciò ben più propensi degli Hyarrostar a gestire l’autorità che dal potere deriva, non hanno suscitato il medesimo interesse che l’erede della più infima schiatta di Numenor ha acceso nel tuo sguardo?»
«Non nominare mio padre in questa sala! – gli occhi di Palantir baluginarono mentre egli stringeva i pugni per soffocare la rabbia che lo agitava al suo interno – non osare mai più pronunciare un nome pregno di disgrazia!» Attese qualche istante prima che la rabbia potesse svanire dalla sua mente, infine, rivolse queste accorate parole alla moglie che incupita attendeva la sua risposta. «Non credere che io non abbia soppesato altre alternative; eppure cosa altro avremmo ottenuto da Miriel se le avessimo imposto una simile compagnia? Elendil e Arthol sono entrambi Uomini valorosi: pure, a causa delle medesime osservazioni che tu stessa hai sollevato, converrai con me che simili Uomini, resi in fretta maturi dagli ambiti carichi che i loro casati preservano, cos’altro avrebbero potuto offrire a nostra figlia che non fosse una promessa di unione futura? Ella è troppo giovane per sposarsi, perfino per il metro degli Uomini mediani – proseguì, alzandosi e dirigendosi verso la finestra che dava a Occidente – né sarò io a negarle il piacere della sua primavera, costringendole a vivere la sua maturità prima che giunga l’ora. No, Silwen – concluse l’uomo, girandosi lentamente su sé stesso per rivolgere nuovamente il suo sguardo alla donna che l’aveva raggiunto silenziosamente – il figlio di Gilnar è ancora acerbo e, tuttavia, non lo è anche Miriel? Ché possa essere per lei valido e onesto amico, senza che il suo giudizio sia scosso dal peso della corona regale che un giorno ancora lontano la principessa dovrà portare sul suo biondo capo». La consorte del principe regnante chinò il capo, rassegnata: «Sia dunque come tu desideri, principe. Possa l’orgoglio non tradire i tuoi passi» e così dicendo abbandonò la sala; non rivelò, tuttavia, quello che il suo stesso cuore aveva tema di confessare e cioè che la profezia di Manea potesse raggiungere anche Erfea, che pure era lontano congiunto dell’erede al trono di Numenor».

Suggerimenti di lettura:

Ritratti – Miriel ed Erfea…e un nuovo racconto

La più bella delle Numenoreane. Miriel

Dwar of Waw, Third of the Nazgul

Dendra Dwar was born in the year 1949 of Second Age on the Isle of Waw, the son of a Wolim fisherman named Dendra Wim and a washerwoman, Ombril, who died giving birth to him. Dwar had a difficult childhood, marked by grief for the loss of his mother and the hard work he had to practice since the age of seven: taciturn and melancholy, the young fisherman nevertheless nurtured a boundless ambition that grew with him and determined his bitter fate; His island seemed cramped to him and he wanted to explore the coasts of Middle-earth which, in the clear summer dawns, were visible from the boat where he worked.

The isolation of Waw from the continent of Endor ended in 1965, when the warriors of the K’Prur of Hent landed on the island, sacking Horn, the hometown of Dwar: the enemy forces savagely slaughtered the Wolim inhabitants, burning their houses and ports. ; Dwar, his brother Dwem and his father Wim found refuge in the quarries that stretched beneath the cliffs of the west coast. Wim, seriously wounded while fleeing from an enemy javelin, died a few weeks later: the young Dendra swore on his father’s spirit that he would exterminate the aggressors of their people and prepared himself for the hard task that this oath obliged to fulfill.

Dendra sailed north, directed to the land of Wol, to learn the war strategies of the Wolim tribes who lived there: Dwar knew that in this district the knowledge would be revealed to him to remove the enemy from his homeland and served in the armies of Wolim for many years.

In a short time Dwar gained great fame among those people, for he had become a fierce and relentless warrior: as an explorer of Wol’s armies, he learned the Arts of speech and command necessary to tame the ferocious war hounds that terrorized warriors of Hent, whose bodies were protected by light leather armor; however, although Dwar was considered by his comrades to be a brave warrior, he aspired to obtain knowledge such as never a Man of his lineage had learned. In 1974, Dendra became a student of Embra Silil, an elderly priest of the cult of Morgoth and he revealed the arcane to him. Dark Arts. For a long time the young magician applied himself in such studies, demonstrating a talent which few of the Second Born could boast of possessing. In 1980, Dwar assumed the position of Lord of the Dogs and led a contingent of his troops against the citadel of Alk Waw and wrested it from the control of the Hent warriors: using his Dark Arts and his legions of dog warriors, after a year of siege, broke the lines of his enemies.

During these long months, thanks to the combined action of two thousand fighting dogs and his Men, he extended his influence to the whole island: having won the victory, Dwar proclaimed himself High Guardian of the island and refused to recognize the authority of the Council of Elders.

Waw became known as the Isle of Dogs, governed by the strict laws enacted by the Wolim lord himself; yet, despite his father having been avenged, Dwar set his greedy eyes on the surrounding lands, not content with having fulfilled his oath, for his ambition had become great and it now measured itself by virtue of the achievements he foresaw to obtain: in the Within a few years, Wol, Brod, Cimonienor and Hent fell under his control and by 1998, Dendra’s power had spread throughout the far east of Middle-earth.

The lord of the Dogs, however, was not satisfied with how much his lust for power had allowed him to acquire and feared death above all else, for it longed to escape if the time came: quickly then he seized the offer of immortality that Sauron of Mordor offered him and he fell under the rule of the Shadow, accepting the third of the Rings of Men in the year 2000.

Slowly his likeness was consumed by the evilness of the Ring and Dwar finally mutated into an immortal specter, in the service of the Dark Lord of Mordor; he too could take physical form if he so wished and in this capacity he controlled the work of his nephew Dendra II, who now held the office of High Guardian of Waw. For two hundred and fifty years, the third of the Nazgul remained in the shadow of the tower of Alk Waw, until he led his legions to the land of Mordor, where he served his Dark Lord in the following centuries of the Second Age.

Versione italiana

Dwar di Waw, il Terzo, il Signore dei Cani

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Khamul the Shadow of the East. The second Nazgul

The second of the Nine in power, was named Komul I and was born in the year 1799 of the Second Age in the city of Laeg-Goak, located in the extreme east of Middle-earth: he was the eldest son of Hionvar Mul Tanul of Womaw , and had as a nurse Dardarian, wife of a Avar Elven prince, who later became his first adviser, until his accession to the throne in the year 1849. The influence of the ambitious Elf was very strong towards Komul, so much so as to push him to desire immortality above all other ambitions; in fact, despite having elven blood in his veins, he was not of the lineage of the firstborn, and the duration of his existence, despite being longer than that of his subjects, seemed to him very little. The kingdom of Womaw was the most powerful of those extending to the east of Middle-earth, and its inhabitants were subject to the influence of the Avar Elves, from whom they had learned the arts of speech and woodwork: they descended from the same fathers of the Numenoreans, and their wealth exceeded in splendor that of the surrounding kingdoms.
Komul I was fascinated by the greatness of the Edain heirs, and under his reign, the influence of Numenor’s ambassadors increased, much to the chagrin of his people, angered by their continued interference in their affairs. Since the Numenoreans had begun to have trade relations with the kingdom of Womaw, many colonies had been established in their territories; during the reign of Komul, however, the men of the West had begun to fortify their possessions, obtaining numerous concessions from the sovereign, with the only result of exasperating popular discontent. From 1944, the internal stability of the realm was threatened by the riots of many of the lords of the Womaw, who failed to loyalty to their lord: Komul, desperate and helpless, turned to the ancient adviser Dardarian, who seduced him with its beauty and the promise of immortality; he accepted, and made an alliance with the Avar kingdom of Hekaneg; this political move allowed him, the following year, to withdraw the concessions made to the Numenoreans, preventing his kingdom from disintegrating; however, the fall of the Womaw had only been postponed, as Dardarian was a spy for Sauron of Mordor and had been commissioned by Sauron to corrupt Komul. In 1999, the Elf handed over the artifact that would grant him immortality and infinite slavery under the yoke of the Lord of the Rings into the hands of the womaw king; the disappearance of Komul, the following year, opened a season of bloody struggles for the throne. Murderers and marriage intrigues upset what was once a peaceful nation; finally, five years after accepting the Ring, Komul was forced to abdicate the throne, in favor of the faction supported by the Numenoreans, whose exponent was his cousin Aon. Nobody understood where Komul had fled; it was later learned, however, that at the end of a long pilgrimage, he reached the gates of Barad-Dur in the year 2000 and there he assumed the position of squire of the Dark Lord, changing his name to Khamul, according to the language black of Mordor. The second of the Nazgul remained in Mordor until 3263, when his master was chained to Numenor and he fled east to the lands of the Chey, where his evil influence corrupted three great tribes, whose warriors militated in the files of Mordor during the war against the Last Alliance.

Versione italiana dell’articolo:

Khamul, il Secondo, l’Ombra dell’Oriente.

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La creazione delle Palantiri

Care lettrici, cari lettori,
quest’oggi voglio presentarvi un racconto diverso dagli altri. Per quale ragione, mi chiederete? Perché, a differenza di altre volte, ho dato voce a uno dei personaggi centrali del Silmarillion, ossia Feanor, l’Artefice dei Silmarill, i tre gioielli più belli dell’universo, che furono però alla base della dannazione della sua stirpe, gli orgogliosi elfi Noldor. Se volete saperne di più su questo personaggio, vi suggerisco di leggere questo articolo del mio amico Federico Aviano, che riassume egregiamente la storia di Feanor: https://imlestar.com/2020/03/08/il-silmarillion-recensione-riassunto-e-spiegazione-parte-4/

A me, invece, il personaggio di Feanor interessa soprattutto per un suo ruolo, diciamo così, «minore»: egli, infatti, fu anche il creatore delle Palantiri, le pietre veggenti che consentivano a quanti scrutavano al loro interno di vedere episodi di ogni epoca storica e di dialogare, come se fossero dei veri e propri cellulari, con altri soggetti che, a loro volta, avessero osato utilizzare queste antiche sfere.

Questo breve testo è in realtà parte di un racconto più lungo, intitolato «Il Racconto del Marinaio e delle Palantiri», del quale, nelle scorse settimane, vi ho presentato alcuni estratti. In basso troverete i link utili per poter leggere e commentare il racconto nelle sue varie parti.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

L’illustrazione in alto è di L-E-N-T-A-S-C-U-R-A «Palantir di Tol-Eressea»

«Nella seconda era della Terra di Mezzo, grande era il dominio che Numenor, l’isola ad Occidente di Endor[1], esercitava sui mortali: da molte contrade numerosi accorrevano, principi e maghi, mercanti e studiosi, per apprendere le conoscenze note solo ai discendenti degli Edain. Molteplici artefatti realizzarono in quei lontani giorni gli artigiani e i fabbri dei Dunedain: spade, la cui bellezza è superata solo da quelle create dai maestri elfici dell’Eregion e del Beleriand[2] nei tempi remoti e armature, leggere come seta, ma capaci di respingere le lame degli aggressori, mandando in frantumi le lance e scalfendo le lame.

Tuttavia, tra le creazioni più celebri, il cui ricordo venne tramandato anche nelle epoche successive, le più note divennero le Palantiri, le pietre veggenti, guardiane del regno di Numenor; esse tuttavia, al pari di altri gioielli rinomati, non furono create dalla mano di nessun mortale, ché neanche i più esperti tra gli artisti Numenoreani avrebbero avuto la sapienza e la lungimiranza necessarie per realizzare le Palantiri.

Fu invece il più grande fabbro degli Eldar, Feanor, a crearle, nei giorni in cui la Luna e il Sole ancora dormivano e i due Alberi reggevano le sorti del mondo, nei Tempi Remoti. Ben poco di quelle antiche epoche è sopravvissuto, ora che i mari e le terre sono profondamente mutati e la prima profezia di Mandos si è avverata; tuttavia stando a quanto narrano gli antichi racconti di quell’era lontana, Feanor creò le Palantiri, ispirato da Lorien, il Vala delle visioni, mentre lo spirito di fuoco del padre dei Noldor riposava tra gli alberi di Valinor. A lungo la divinità tenne fisso lo sguardo su Feanor, infine così si rivolse all’elfo: “Qual è il tuo disio maggiore, signore dei Noldor?” Molto tempo trascorse, fin quando l’Eldar non ebbe realizzato una risposta appropriata: “In verità, Signore dei giardini del Vespro, il mio spirito non trova riposo, ché sempre tende insoddisfatto a quanto si cela innanzi ai miei occhi”. Silente, il dio tacque turbato, poi rispose  pronunciando tali parole: “Suvvia, o possente fra gli Eldar! Non v’è conoscenza che il tuo cuore brami che tu non possa apprendere, non v’è artificio che la tua lucida mente e la tua rapida mano non sappiano creare: limpida è ancora la vista degli elfi e possente la loro volontà. Sappi che innumerevoli sono i doni che alla tua stirpe sono stati riservati fin dalla creazione di Arda. Qualunque è l’oggetto del tuo disio, esso deve essere in Valinor”.

“Ben dici, Lorien, quando affermi ciò; se tuttavia la volontà degli Eldar è forte, lo è perché brama di possedere gli arcani segreti che modellano il soffio vitale in Arda”.

Reso inquieto da tali parole di sfida, così lo ammonì Lorien: “Bada, figlio di Finwe! Se il tuo desiderio fosse oggi soddisfatto, ecco che molti del tuo stesso popolo ne avrebbero a soffrire; molti danni arrecherebbe a Valinor il tuo gesto insano!”

Rabbrividì Feanor, ché in lui era ancora forte il rispetto e il timore per i Vala: “Se tale volontà è destino che muoia sul nascere, concedimi allora di mutarla”. Tacque, riflettendo alcuni istanti, infine parlò: “O Vala, concedimi la vista sulle terre mortali! Dal momento che la mia stirpe e quella degli altri Eldar provengono dalle deserte lande di levante, permettimi di renderla visibile agli occhi di quanti desiderano mirarla”.

Soddisfatto, di lì a poco Lorien inviò Feanor da Aule, il Vala della Forgia, e i due lavorarono assieme per molti anni, finché la Palantiri non furono realizzate: sette erano, e apparivano come dei globi scuri, memori di quanto i figli di Eru avevano ormai obliato. Non era semplice adoperarle per servire un proprio scopo: i globi mostravano soprattutto immagini del passato, dei tempi remoti e di remote regioni, disorientando l’osservatore. Chiunque, tuttavia, avesse avuto volontà sufficiente per desiderare di scorgere nelle Palantiri un’immagine precisa, sovente riusciva ad identificarla, divenendo in tal modo, profondo conoscitore di quanto era accaduto in Endor, fin dalla sua creazione.

Un’altra funzione importante delle sfere consisteva nel fungere come strumento di comunicazione tra due esseri lontani nello spazio, ma non nel tempo: per poter usufruire di questo potere, era tuttavia necessario che i due interlocutori fossero entrambi esseri dotati di una volontà potente, ché le Palantiri ne avevano una propria e non si lasciavano assoggettare dalle menti degli stolti e degli sprovveduti. Le antiche storie parlano anche di un’altra pietra, che si dice essere ancora presente nelle terre immortali, da cui sarebbe possibile osservare quanto le rimanenti pietre veggenti mostravano nel medesimo istante; tuttavia, fatta eccezione per tale globo, fin dall’inizio era stato concepito un altro Palantir con funzioni analoghe, lo stesso che in seguito sarebbe andato smarrito durante la funesta guerra delle Stirpi[3]. Ciascuno dei globi rimanenti poteva comunicare con una e una sola delle sfere sorelle, tramite rituali arcani e ormai obliati da lungo tempo».

Note

[1] Il grande continente che si estendeva ad est di Valinor, chiamato anche Terra di Mezzo.

[2] L’Eregion era un regno di Noldor posto nell’Eriador, ai confini della grande città nanica di Khazad-Dum; posto da principio sotto l’autorità di Galadriel e di Celeborn e in seguito di Celebrimbor, tale contrada fu saccheggiata dalle orde di Sauron: la città di Ost-In-Edhil ne fu la capitale. Il Beleriand era una vasta contrada posta tra i Monti Azzurri e le acque del Beleriand: sede di numerosi reami elfici ed umani, fu distrutta in seguito agli sconvolgimenti provocati durante la Battaglia dell’Ira che segnò la fine di Thangodrim, l’oscura dimora di Morgoth.

[3] Guerra civile, scoppiata nel reame di Gondor durante la Terza Era per ottenerne il controllo, tra la fazione di coloro che sostenevano il legittimo signore, Eldacar, e i ribelli, comandati da Castamir, contrari alla sua designazione perché figlio di una donna del nord. Al termine di essa, Eldacar ottenne la corona, mentre Castamir fuggì a sud ed elesse Umbar a sua dimora; i suoi discendenti furono noti come i Corsari e si allearono con i servi di Sauron per rovesciare Gondor.

Suggerimenti di lettura:

La saggezza di Nimrilien – II parte (ed ultima)

La saggezza di Nimrilien – I parte

Sauron, il filosofo

Who is the Witch-King?

One of the most fascinating characters of the Lord of the Rings is the Witch King, the Lord of the Nazgul. In this story I have tried to imagine his story before becoming a slave of the Ring. Happy reading, I await your comments!

«The second son of Tar-Ciryatan, the twelfth king of Numenor, was named Er-Murazor and became one of the most powerful and influential men on the island. He was born in 1829 Second Age in the port city of Andunie, during a solar eclipse: he was given the name Tindomul (in Quenya “Son of the Double Light”), although those of the court of Tar-Ciryatan, hostile to the Elves, preferred to call him by the Adunaic name of Er- Murazor (the Black Prince).

Er-Murazor was the younger brother of Atanamir the Great, who would soon become king, and was similar to his brother in character: he supported his father’s ambitions and insisted on increasing the exploitation of Middle-earth; he was proud, greedy and ambitious, like his brother and father at the same time; however, because he had been excluded from the succession to the throne, he failed to obtain the favor and attention that was granted to Atanamir. Er-Murazor became jealous of the heir of the scepter and the jealousy soon turned into hatred and irrepressible ambition. Greed consumed the spirit of the Numenorean, so that in 1880 S.E., the Black Prince gathered a small fleet and headed for the shores of Middle-earth, in order to establish his own dominion over those regions. Its first docking took place in Lond Daer, in the south of Eriador, at the mouth of the Gwathlo: Er-Murazor and his army began to control the region, with the intention of seizing the port. His attempt, however, was unsuccessful, and he moved towards Umbar; following a series of clashes, Er-Murazor established his dominion over those regions, much to his brother’s chagrin. Tar-Ciryatan then ordered his second son to pay tribute to Numenor, and the Black Prince promptly refused.

The Dark Lord learned of Er-Murazor’s rancor towards his ancient homeland and his fear of death; he exploited these weaknesses and convinced him that he was the custodian of a knowledge unknown to the sages of Numenor, with which the prince would become invincible. In 1883 S.E. Er-Murazor went to Barad-Dur, becoming a disciple of Sauron; over the next one hundred and fifty years he studied the Dark Arts and became a very powerful sorcerer, to the point that he was unrivaled in Middle-earth, except for the fallen Maia himself, who soon made his pupil the first captain of the armies of Mordor. In the year 1998 S.E., Er-Murazor promised full fidelity to his lord and received the most powerful of the Rings of the Power of Men: the first of the Nazgul, the Black Prince, became known as the Witch King and Lord of Morgul».

See also:

Er-Murazor, il Primo dei Nove

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La saggezza di Nimrilien – II parte (ed ultima)

Care lettrici, cari lettori,
come promesso la scorsa settimana, vi presento il brano che conclude il racconto de «Il Marinaio e le Palantiri», nel quale il nostro paladino, Erfea, avrà modo di superare l’atavica paura della Morte, che le parole di Sauron avevano rafforzato nel suo spirito. Vi rimando in basso ai link utili per comprendere meglio questo brano.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

«Sorrise Nimrilien, e il suo riso era acqua nella gola riarsa del pellegrino affranto: “Ti ho detto che acquisirai la saggezza, e tale rimane il mio giudizio. Non puoi sperare di annientare il Signore di Mordor, non ancora – aggiunse rivolgendosi più a sé stessa che non al figlio. Puoi tuttavia impedire al tuo spirito di soffrire inutilmente, obliando le tue paure, non soffocandole, ma affrontandole”.

A tali parole Erfea si levò in piedi, e nei suoi occhi baluginava la luce dell’ira: “Io ho fallito, madre! Sauron ha annullato la mia volontà. Forse, posso udire il canto lamentoso dei gabbiani giungere dall’oceano tumultuoso o scorgere innanzi a me le profondità dell’animo umano, eppure esse ora paiono inghiottirmi e soffocarmi nella loro tumultuosa esistenza. I miei sensi indeboliti e mutilati sembrano essere sensibili non già alla luce, ma solo al terrore e alla paura”. Lentamente Erfea tornò a sedere, scuro in volto: “Non vi è destino che io non possa scorgere, ma a quale scopo? Nei miei pensieri danza macabra la morte, e nelle sue mani rovinose, io scorgo le vite di coloro che devono ancora essere, disfarsi e consumarsi! Credevo – concluse tremando – credevo che la morte fosse un dono, eppure mi accorgo solo adesso della sua azione letale. I miei giorni trascorrono lenti, e avverto il veleno scorrere lentamente nelle mie vene, impotente nell’agire. Non vi è altro destino che la morte. A che fin compiere valorose azioni? Anch’esse sono destinate a fallire ancor prima di essere concepite”.

Grave divenne allora il volto di Nimrilien; tuttavia ella lo prese per mano e gli sussurrò lentamente: “Mira la morte! Sappi Erfea, figlio di Gilnar, che niente di quanto tu affermi è figlio della tua volontà. Sauron di Mordor ha avvelenato il tuo essere e ingannato i tuoi sensi. Osserva e sii libero!” Lentamente Erfea spostò il proprio sguardo fino ad incontrare quello della defunta signora di Numenor. Meraviglia! La nebbia che avvolgeva il suo cuore, si dissolse ed egli poté nuovamente godere dei dolci profumi della primavera, dilettarsi ascoltando il tripudio dei delfini del mare, rattristarsi per la morte della sua sovrana: e allora pianse lacrime purificatrici, che lavarono via il dolore che ancora sconquassava il suo cuore martiorato. A lungo pianse, infine levato il suo sguardo verso la madre, egli capì e il suo cuore fu pieno di speranza: “Comprendo – mormorò stupito – quanto sia stata saggia colei la cui anima riposa ora al di là del Mondo; se la mia vista non mi ha ingannato, innanzi a me ho veduto il suo spirito, librarsi libero, privo dei dolori che affliggono i mortali. Tristezza non vi era nei suoi occhi, né il dolore albergava nel suo cuore; invero, una grande pace pareva avvolgerla e condurla là ove le menti umane non possono dirigersi. Ho appreso dunque la saggezza degli uomini”.

Nimrilien l’osservò a sua volta, infine, gli prese la mano e la tenne vicino alla sua: “Non chiamare vana la morte! Ella è stata qui, ché la nostra sovrana ha infine compreso il significato profondo del Dono. Colei che ora rimpiangiamo, ha infine stabilito che era giunta l’ora di restituire quanto gli dei le avevano concesso; tale è stata la sua scelta, per cui sofferenza alcuna ha provato ed essa ha lenito anche il tuo dolore. La maledizione di Sauron è spezzata.”

“Sì – pronunciò lentamente Erfea, assaporando la parola, mentre la pronunciava – ho appreso la saggezza. Sono lieto di aver dato l’ultimo saluto alla sovrana di Numenor, ché, se non l’avessi fatto, per me sarebbe stato vano ogni altro aiuto.”

“Ben dici, figlio mio, quando affermi questo; sappi però che se la tua volontà non fosse stata forte a tal punto da parlare con Sauron, egli ti avrebbe consumato, avvinghiandoti alla sua volontà. Saresti divenuto uno dei Numenoreani Neri, uomini perfidi e arroganti, bramosi oltremodo di assaporare il dolce veleno del potere. Non chiamare vano l’aver guardato nel Palantir, ché se non l’avessi fatto, saresti senza difesa alcuna da Sauron.

Va’ ora figlio mio – concluse Nimrilien – e ricorda quanto hai appreso oggi.”

Detto questo, la signora degli Hyarrostar si levò dallo scranno e scomparve tra le fronde degli alberi, inoltrandosi lungo il sentiero che dalla reggia conduceva al mare; Erfea la seguì con lo sguardo, infine sospirò e si diresse verso la sua dimora, ove impaziente l’attendeva il padre Gilnar.

Tale fu la conclusione della vicenda e non trascorse molto tempo che Erfea divenne noto ai Numenoreani per aver osato, appena compiuta la maggior età, discorrere con il Signore di Mordor, sfidando la sua malvagia volontà. Taluni, nelle epoche successive, quando Numenor era stata ormai sommersa dalle acque del grande oceano, osservarono che la profezia rivelata da Erfea a Sauron, si era davvero realizzata, dal momento che il capitano dei Dunedain sopravvisse alla caduta del discepolo di Morgoth, unico fra gli uomini di quell’era, eccetto Elendil di Andunie, ad aver parlato con l’Oscuro Signore senza essere stato tuttavia privato dell’intelletto e della capacità di giudizio».

Suggerimenti di lettura:

La saggezza di Nimrilien – I parte

Sauron, il filosofo

 

 

The Sailor’s Cycle

The Sailor’s cycle, inspired by the events narrated in the Unfinished Tales and in the Silmarillion by J.R.R. Tolkien, delves into the history of the great island of Numenor, from its rise to glory until its fall; witness and at the same time architect of the events of his time is Prince Erfea, of whom the book presents the heroic and often painful events.

From birth until death, during her long existence, Erfea will have the opportunity to interact with characters already known to the public who loves the Tolkien epic: Sauron, the Dark Lord of Mordor; his cruel servants, the Ringwraiths and their evil captain, the Witch King; the wise elves, among which Elrond and Galadriel stand out; the valiant dwarves of Moria and others.

Homage to the voluminous work of the English writer, The Sailor’s Cycle is also a reinterpretation of the chivalrous and classic epos, deepening the psychology of the protagonists and not failing to underline their contradictions and deep concerns, using an ancient language to deal with the universal themes of our civilization and of our age.

Some useful advice for reading: if you are interested in discovering the genesis of my novel, “The Sailor’s Cycle”, I suggest you read these two articles: In principio era…Othello, ovvero come nacque il Ciclo del Marinaio (In the beginning it was … Othello, or how the Sailor’s Cycle was born) and …e arrivò il Marinaio! Corto Maltese, Aldarion ed Erfea (… and the Sailor arrived! Corto Maltese, Aldarion and Erfea).
If, on the other hand, you prefer to read the various stories straight away, you can browse the categories that refer to the various stories, starting with the topmost article in the chronology and ending with the most recent one. To help you in reading these tales and to facilitate the understanding of notable names and events, I suggest you read these articles: Cronologia della vita di Erfea e dei racconti del Ciclo del Marinaio (Chronology of the life of Erfea and the tales of the Sailor’s Cycle) and Dizionario dei personaggi de «Il Ciclo del Marinaio» (Dictionary of the characters of «Sailor’s Cycle»).
Finally, if you want to appreciate other images like the one highlighted in this article, I invite you to take a look at the “Illustrations” category.
To learn more about aspects related to Tolkien’s thought and works, you can read the articles in the category «Characters, places and stories of Tolkien’s works»; if you enjoyed the film versions of “The Hobbit” and “Lord of the Rings”, I suggest you read the articles included in the “Seventh Art” section.
I remain at your disposal for any information and I wish you good reading!

Image «Varda the Star-Queen» by Janka Lateckova

La saggezza di Nimrilien – I parte

Care lettrici, cari lettori,
un argomento che è stato toccato marginalmente (almeno fino a questo momento) è rappresentato dalla famiglia di Erfea. Come spiegavo qualche tempo fa a un mio lettore, non abbiamo certezze neppure in merito alla presenza di altri fratelli o sorelle: quello che è certo, infatti, è solamente l’assenza di riferimenti alla loro esistenza. D’altra parte, a complicare la questione, c’è da riconoscere che Erfea in nessuna occasione sostiene di essere un figlio unico. Confesso, come Autore, di non aver le idee chiare su questo aspetto, ragion per cui non sono in grado di offrire ulteriori elementi a favore dell’una o dell’altra tesi. Tornando alla famiglia del nostro paladino, i miei lettori di più antica data ricorderanno almeno i suoi genitori: Gilnar, il principe dello Hyarrostar, e sua moglie Nimrilien la Bianca, parente dei più noti Elendil & Co.
Quanto ai rapporti fra Erfea e i suoi genitori, tuttavia, ho rivelato ancora molto poco: chi ha letto «Il Racconto del Marinaio e del Messere di Endore» sa che suo padre avrebbe voluto fare di suo figlio un Ammiraglio e che questo progetto sia fallito, a causa della predilezione accordata da Erfea all’equitazione. Per il resto, invece, le notizie sono molto scarne: ne «Il Racconto del Marinaio e dell’Infame Giuramento» avrete notato come entrambi i genitori abbiano combattuto a fianco di suo figlio per difendere Miriel dal Colpo di Stato che avrebbe posto fine al suo regno; nello stesso racconto si accenna alla loro morte, che sarebbe giunta poco dopo l’ascesa al trono di Ar-Pharazon il Dorato, cugino di Miriel.
Prima o poi verranno fuori altri dettagli sulla famiglia dei principi dello Hyarrostar…per il momento vi lascio con questo brano che segue a Sauron, il filosofo nel quale avrete modo di riflettere sull’atavica paura della morte che non risparmiò neppure il nostro valoroso paladino e sul ruolo che Nimrilien ebbe nell’aiutarlo a superare questo terrore.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

L’immagine in copertina è di isalleberecs e si intitola Gilmith. È così che immagino una giovane Nimrilien, madre di Erfea.

«La sfera del Palantir avvampò nuovamente, come se tutte le fiamme dell’Orodruin[1] avessero bruciato nella grande sala; infine l’ira di Sauron decrebbe e le stelle splendettero nuovamente luminose nei grigi occhi di Erfea, figlio di Gilnar. Ithil, la luna, era sorta, e la notte si apprestava ormai a terminare; il giovane Dunadan era esausto e silenzioso dopo la severa prova cui si era sottoposto. A lungo Gilnar attese, finché egli udì Erfea gemere ed accasciarsi al suolo esamine; lesta fu allora la sua reazione ed egli si chinò accanto al figlio. Il freddo abbraccio della morte, tuttavia, non macchiava del suo cinereo marchio il viso di Erfea, né le sue membra erano rigide; solo, dormiva, ed era il suo un sonno benedetto da Elbereth[2], che cancellava in tal modo la ferita e lo sgomento che le parole di Sauron avevano provocato.

A lungo giacque nel proprio letto il giovane capitano, eppure il suo sonno era regolare e la luce dei suoi occhi non era annebbiata dalla follia; infine all’approssimarsi del giorno di Mezza estate, Erfea si ridestò dal suo lungo sonno. Gilnar attese che suo figlio fosse desto del tutto, infine, lentamente, quasi volesse sondare le profondità delle tenebre che salivano da ponente, prese la parola: “Tutto quanto hai appreso, accadrà fin troppo presto credo; sappi però che le Palantiri non mostrano quali sono le vie che le nostre menti e i nostri corpi devono percorrere, per scongiurare il pericolo o propiziarsi i benefici degli dei. Tu stesso dovrai comprendere quale sarà il sentiero migliore, affinché il tuo destino possa essere compiuto; questa è la saggezza dei Numenoreani e degli uomini liberi della Terra di Mezzo, saper esplorare i meandri della propria anima e trarne da essa le risposte. Ricorda quanto ti dico, figlio, ché i dubbi e le certezze sono in te: è compito di ciascuno di noi saperle discernere. Come il contadino separa il biondo frumento dalla sterpaglia avvizzita, così tu devi estirpare il male che è in te: non siamo divinità e la nostra imperfezione è la condizione primaria dell’essere umano.”

Erfea annuì lentamente, riflettendo su quanto il padre aveva detto; infine alzò lo sguardo e rispose adoperando tali parole: “Non credere che io abbia obliato, ché la dolce quiete del sonno ha lavato via solo le ombre dal mio cuore, eppure le mie paure permangono. Tale sarà il mio destino, credo, che dovrò errare a lungo alla ricerca di quanto avrò smarrito: lunghe e dolorose saranno le mie peregrinazioni, e non sempre la mia fatica sarà ricompensata con quanto desidero. Raramente capita che i fini delle azioni degli uomini siano compresi da quanti ne ambiscono il significato. Sono grato agli dei – proseguì – per aver avuto la determinazione e la volontà necessarie per affrontare l’Oscuro Signore; il mio cuore teme però per il destino di questa terra.”

Parole non pronunciò Gilnar, ed i due uomini evitarono di cercare l’uno lo sguardo dell’altro; il signore della casata degli Hyarrostar, era conscio di quali pensieri occulti si celassero nelle ombre vespertine, eppure, nonostante l’aria grave e silenziosa della stanza, il suo cuore non poté fare a meno di gioire, ché comprendeva il valore dell’impresa compiuta dal figlio. Erfea, tuttavia, non rivelò mai a nessun altro uomo quanto avesse scorto nelle profondità del Palantir, ed a lungo il suo cuore rimase turbato.

Lunghi giorni trascorsero ed egli di rado si dimostrava loquace, immerso nelle silenziose angosce che le ferite del suo animo gli procuravano; infine, desideroso di fuggire la malinconia e la tristezza che l’affliggevano, si recò dalla madre, Nimrilien di Andunie, signora degli Hyarrostar, nota in tutta Numenor per la sua conoscenza delle antiche arti della guarigione.

Affranto e teso parve Erfea a Nimrilien, quando questi gli fu innanzi; eppure parole non pronunciò, ma fattogli cenno di seguirlo, lo condusse nella camera da letto della sovrana. La luce del luminoso sole rischiarava le vele delle navi, ormeggiate nel vicino porto, eppure Erfea poté scorgere le ombre annidarsi nella silenziosa dimora della regina di Numenor: una forte paura si levò in lui, l’atavico terrore che scuote gli uomini, quando si trovano innanzi alla propria fine; eppure la donna che aveva innanzi a sè non sembrava turbata, né affranta.

Una benedetta malinconia le incorniciava il viso, mentre le sue labbra levavano silenziose parole al cielo; l’azione del tempo corruttore non aveva deturpato con i suoi miasmi il corpo della sovrana, splendido ricordo della gloria trascorsa.

Nimrilien osservò per qualche istante ancora il volto sorridente della sovrana, poi sospirò: “Non hai fallito, figlio! Lunga e dolorosa sarà la tua guarigione, tuttavia, quando sarà giunta a termine, tu avrai ottenuto la saggezza. Sappi però che un’altra prova dovrai affrontare, ché solo in tal modo non temerai più la morte.” Erfea avvampò per la rabbia: “Non ho superato indenne la prova! Perché mi dici questo? Perché vuoi prolungare la mia agonia? Non di nuove sofferenze il mio cuore necessita, ma di parole di conforto.”

Mestamente Nimrilien si levò, sfiorando con le affusolate dita le bionde chiome di Silwen, consorte di Tar-Palantir: “Non temere le tue angosce, Erfea. Sauron di Mordor ha allungato il suo artiglio grifagno sul tuo spirito, ferendolo: non è vergogna o codardia riconoscere la propria debolezza; neanche il più saggio e lungimirante tra noi può prevedere quali saranno i fini ultimi delle nostre azioni. Non rimpiangere la scelta di sfidare la volontà del Palantir; molti eventi i tuoi sensi mortali hanno percepito, e ad essi prenderai parte, quando sarà giunta l’ora. Tuttavia, sebbene coraggio e valore tu abbia dimostrato nel parlare con Sauron, sappi che non puoi sconfiggere la sua nera essenza, né piegare al tuo valore il Palantir, senza doverne subire le conseguenze: la tua giovane età ti impedisce di agire con maggior saggezza.”

“Ero consapevole dei rischi, madre – la interruppe Erfea, triste in volto – ma nonostante ogni mio sforzo ho fallito.”»


[1] Un vulcano situato nella contrada di Mordor, noto presso le genti di Gondor come Amon Amarth, “monte della sorte”.

[2] Altro nome di Varda

[conclusione nella prossima puntata]

Calculating the years of the Second and Third Age from birth to death of Erfea

Dear readers,
you will find below the main dates related to the biography of Erfea and the other characters of the Sailor’s Cycle.
Enjoy the reading!

3112 Second Age (later abbreviated to S.A.): Erfea, son of Gilnar, Prince of Hyarrostar and Nimrilien, of the Andunie lineage, was born in Minas Laure.

3117 S. A.: Miriel, daughter of Palantir, royal prince of Numenor, and his wife Silwen, was born in Armenelos.

3132 S. A.: Erfea meets Miriel, princess of Numenor, for the first time.

3136 S.A.: Erfea confronts the dragon Morluin and becomes known to the peoples of Middle-earth as Erfea Morluin.

3140 S. A.: Erfea speaks with Sauron in Palantir; death of Silwen, wife of Palantir.

3144-46 S. A.: Erfea makes her first travel to Middle-earth, where establishes friendly relationships with the Lords of the Eldar and meets Tom Bombadil and his wife, Lady Baccador. Before returning to Numenor, Erfea receives from the hands of Gil-Galad the sword Sulring, forged by the elven smiths of Gondolin in the days before his fall.

3146 S. A.: Erfea returns to Numenor, where he is made a knight. In the same year Prince Arthol, supported by a faction of rebellious Numenoreans, attentive to the life of Palantir and his daughter Miriel: the conspiracy is discovered thanks to the revelations of Erfea, and the conspirators are sentenced to death by Prince Akhorahil so that they do not reveal their identities of the real instigators of the attempted murder and of the coup d’état that would have followed.

3146-3253 S. A.: Erfea returns to Middle-earth, where he serves Gil-Galad, the last of the Elven High Kings east of the Sea; he goes to Rhovanion, where he meets Imracar Folcwine, lord of the Eothraim.

3168 S. A.: Groin, son of Bòr, lord of the people of Durin, was born in Khazad-Dum.

3170 S.A.: Erfea ventures to the extreme Harad, where he enters the great fortress of the Nazgul, discovering their real identities.

3183 S. A.: Ewen the Half-elf is born to Edhellond, daughter of a Numenorean sailor and a Noldo.

3254 S. A.: Erfea returns to Numenor, where he succeeds his father, now elderly, in the office of adviser to the sovereign Tar-Palantir.

3255 S. A.: The second civil war breaks out in Numenor: battle of Tharbad, where Erfea inflicts a severe defeat on the Captain of the faction loyal to Pharazon the usurper. At the end of the year, Ar-Pharazon becomes the twenty-fifth ruler of Elenna and marries her cousin Miriel, against her will and the laws of the kingdom.

3256 S. A.: Death of Gilnar and Nimrilien: Erfea becomes the last of the Hyarrostar lords.

3260 S. A.: The infamous oath: all captains of Numenor, except twenty-one, including Erfea and Amandil, swear loyalty to Ar-Pharazon.

3261 S. A.: Erfea is shipwrecked at the mouth of the Anduin and reaches the city of Edhellond, where he meets Elwen the half-elf: in the same year Ar-Pharazon lands at Umbar to subdue Sauron.

3270 S. A.: Erfea abandons Edhellond; the prince of Numenor returns to Imladris, where he meets Celebrian and finds Elrond and Galadriel. In the same year he arrives in Numenor, where he meets Miriel for the last time; fled to the Nazgul, Erfea settles in Osgiliath.

3277 S. A.: Erfea defeats the Black Captain in Edhellond and makes peace with Elwen.

3278–3320 S.A.: Erfea travels throughout Middle-earth, reaching the extreme north, Forochel, and Umbar, where she discovers that the real master of the port has become Sauron, who exercises his power through the Nazgul Adunaphel.

3320 S.A.: With the fall of Numenor (3319 S.A.), the exiled kingdoms of Arnor and Gondor are formed: Erfea is appointed superintendent of King Anarion in Osgiliath.

3429 S. A.: Adunaphel’s armies attack Minas Ithil which is later conquered, while the civilian population finds refuge in Osgiliath: Erfea and Anarion defend the city. In the same year the Orthanc Council is held, which lays the foundations for the birth of an alliance between Elves, Men and Dwarves in order to counter the rise of Sauron (Last Alliance).

3433 S. A.: The battle of the Dagorlad, in which Erfea participates; death of Bòr (Naug Thalion)

3441 S. A.: Isildur takes possession of the Sovereign Ring and Sauron flees to the east.

2 Third Age: Disaster in the Iridescent Fields: Isildur and his people are massacred.

8 Third Age: Erfea dies in Osgiliath, after seeing his friends Elrond and Celebrian for the last time, to whom he delivers his memoirs.

La battaglia della Dagorlad – L’assedio alla Barad-Dur

Care lettrici, cari lettori,
quest’oggi vi presenterò l’ultimo brano tratto da «Il Racconto del Marinaio e della Grande Battaglia» che vi ha accompagnato in queste ultime settimane: scoprirete in che modo fu condotto l’assedio di Barad-Dur, la grande torre che Sauron aveva costruito nella Seconda Era come dimora a sua difesa dei nemici. Sarà un assedio lungo e che richiederà un alto tributo di sangue, come sa chi ha letto le appendici del Signore degli Anelli: per tutti i miei lettori, comunque, sarà l’occasione di ricordare una pagina drammatica di quegli anni. Al termine di questo brano vi suggerisco di leggere quella che è la vera conclusione di questo racconto: L’ultima battaglia della Seconda Era, che racconterà della sconfitta finale di Sauron e del (piccolo) ruolo che Erfea ricoprì in quel caso…

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

Immagine in copertina: Barad-dur and the Lord of the Nazgul by DonatoArts

«Due giorni dopo la caduta dei Cancelli di Mordor, giunsero ai Signori dell’Alleanza liete novelle: una grande aquila, araldo di Ar-Thoron, comunicò loro la sconfitta subita da Ren il Folle per mano degli eredi di Isildur e di Anarion: “Invero grande è stato il valore mostrato da Elendur e da Meneldur – tali furono le parole del messaggero di Manwe –  ché non solo hanno messo in fuga al nemico, ma anche conquistato il valico di Cirith Ungol, sicché nessun rinforzo potrà ora giungere al Nemico per quella via ed egli è chiuso tra il martello e l’incudine”.

Lieti furono allora i volti di Isildur e di Anarion ed essi si strinsero in un fraterno abbraccio, orgogliosi per quanto avevano saputo mostrare i figli; tuttavia, Erfea, pur condividendo la medesima gioia, ammonì i comandanti con tali severe parole: “Esultiamo per la sconfitte che il Nemico ha testé subito, ma non obliamo che tale guerra è ancora lungi dal concludersi e che saranno necessari anni perché la dimora di Sauron cada e le nostre contrade possano conoscere l’agognata pace”.

Un inquieto silenzio scese allora fra quanti ascoltarono tale affermazione ed Elendil espresse ad alta voce le perplessità che ognuno provava nel profondo del proprio animo, ad eccezione, forse, di Gil-Galad e Cirdan: “Perché asserisci questo? Forse che le armate di Mordor non sono state messe in fuga e gli Ulairi non si nascondono ora negli antri profondi di Barad-Dur? Forse che i cancelli che custodivano l’ingresso alla terra nera non giacciano ora distrutti e non sono divelte le orgogliose serrature che un tempo ne tutelavano l’oscuro ingresso? Perché dovremmo noi temere colui che non è più in grado di muovere guerra contro la maestà dei popoli liberi?”

A lungo Erfea rimase in silenzio, forse temendo di rivelare quanto il suo cuore temeva in quell’ora oscura; infine, scuro in volto, così egli parlò: “O re, una parte della verità è stata svelata ai nostri sguardi e raccontata alle nostre orecchie, eppure, sappi questo, ché ancora numerose armate attendono all’Est, sicché, mentre noi discorriamo in tale luogo, esse si radunano ed accorrono sotto il vessillo di Sauron; amara sarà la sua resa, ché essa richiederà un alto tributo di vite e ognuno di noi verserà amare lacrime”.

Impallidì Elendil, ché egli aveva compreso, unico fra i Dunedain, a cosa alludesse il Sovrintendente di Gondor costì parlando; pure, parole non seppe adoperare per rispondergli ed abbandonò il consiglio di guerra: stupiti e turbati, gli altri capitani presero a mormorare quanto i loro pensieri celavano e più non discorsero di quanto si erano inizialmente preposti di affrontare.

Invero, quanto aveva affermato Erfea si rivelò veritiero, ché, lungi dall’essere sconfitto, il Signore di Mordor aveva radunato nuovi eserciti e, pur non disponendo di schiavi a sufficienza per muovere all’attacco, difese a lungo la sua fortezza, provocando con improvvise sortite e con sortilegi, che atterrivano i mortali come gli immortali, gravi perdite fra quanti erano dell’Alleanza. Cadde, dunque, Anarion, secondogenito del sovrano dei reami in esilio, colpito da un oscuro proiettile scagliato dalla torre oscura mentre egli tentava, invano, di raggiungerne il possente cancello e con lui molti dei signori di Gondor, accorsi a difenderlo con i loro scudi ed i loro corpi; altresì, perirono Furin della sesta casata dei Naugrim combattendo contro un possente troll, Thur, condottiero delle schiere di Belegost, trafitto da un dardo avvelenato, Eorsen, principe del Rhovanion e congiunto dell’Alto Theng, Aldor Roch-Thalion ed altri, i cui nomi sono andati smarriti nel corso dei secoli».

Suggerimenti di lettura:

L’ultima battaglia della Seconda Era

La fine della Battaglia della Dagorlad: la nomina dei nuovi sovrani

La Battaglia della Dagorlad – La profezia di Oropher si compie

La Battaglia della Dagorlad – L’intervento di Uvatha e delle Grandi Aquile

La battaglia della Dagorlad – L’arrivo della cavalleria alleata

La Battaglia della Dagorlad – Morte di un eroe

La Battaglia della Dagorlad – La strategia del Re Stregone

La Battaglia della Dagorlad – Una vittoria apparente…

La battaglia della Dagorlad – La carica dei Mumakil

La prima fase della battaglia della Dagorlad

Il discorso di incitamento di Gil-Galad ai soldati dell’Ultima Alleanza

La Battaglia della Dagorlad – Il catalogo delle forze alleate e nemiche

La Battaglia della Dagorlad – L’arrivo degli Ent

I piani di battaglia per la Dagorlad

Dwar a colloquio con i Signori dell’Ovest

Il coraggio di Morwin e la morte di Oropher e Amdir

Il primo attacco ai Cancelli Neri

Un giuramento infranto. La follia di Amdir e Oropher

Un’alleanza difficile

Gil-Galad, l’Alto re degli Elfi