Space-Dye Vest

Dear readers, I dedicate this poignant song by Dream Theater to you which seems to be inspired by the sad love story between Erfea and Miriel. In particular, these melancholy words that I transcribe are suitable for describing their unhappy story.


“But he’s the sort who can’t know
anyone intimately, least of all a
woman. He doesn’t know what a woman
is. He wants you for a possession,
something to look at like a painting or an ivory box.
Something to own and to display. He doesn’t want you to be real,
or to think or to live. He doesn’t love you, but I love you.
I want you to have your own thoughts and ideas and
feelings, even when
I hold you in my arms. It’s our last chance… It’s our
last chance…”

Link utili:
L’Infame Giuramento_IX Parte e ultima (Il trionfo di Pharazon)
Dizionario dei personaggi de «Il Ciclo del Marinaio»

Happy new seasons!

Dear readers, in these days you will have been overwhelmed by happy new year wishes. I want to do something more original and wish you good seasons: for some years, personally, I feel more the succession of the seasons than the years, perhaps because of my work … or at the advancing age! In any case, happy wishes to you all! I dedicate this song by Dream Theaters to you, entitled, not surprisingly, A change of seasons.

When i was younger…il Signore degli Anelli e Tolkien nel vecchio millennio

Care lettrici, cari lettori,
quest’oggi l’articolo mi è stato ispirato dal bellissimo pezzo scritto in questa settimana da Federico Aviano sul Signore degli Anelli (potrete leggerlo o rileggerlo qui: https://imlestar.com/2020/11/16/tolkien-il-piu-grande-scrittore-di-tutti-i-tempi/), nel quale l’autore osserva come Tolkien non abbia goduto di particolare fortuna fino ad anni recenti. Rileggendolo mi sono ritornati in mente alcuni ricordi della mia adolescenza, quando ero giovane, come riporta il titolo di questo articolo, che è lo stesso di una bellissima canzone dei Lighthouse Family che mi ha più volte ispirato nella stesura dei miei racconti (ebbene, finalmente sono riuscito a tornare anche su questa rubrica del mio blog! Grazie ad Almerighi per la sua pazienza!)

Dunque, questa storia inizia nel 199…ehm ok, diciamo nell’ultimo decennio del vecchio millennio! Non si chiede l’età a un autore…

Scherzi a parte, come dicevo, questa vicenda iniziò in un Liceo classico di provincia: frequentavo la quarta ginnasiale e la professoressa di italiano ci affidò, come prova di valutazione iniziale, un tema con la seguente traccia: «Descrivi un romanzo che ti è piaciuto particolarmente». Insomma, non ricordo esattamente le parole, però più o meno questo era l’intento: capire quali fossero i nostri gusti letterari.

Inutile a dirlo, come credo avrete capito, scrissi 12 colonne…sul Signore degli Anelli. Cosa c’è di strano, mi chiederete? Ebbene, all’epoca, prima dell’uscita della trilogia cinematografica di Jackson, Tolkien non era esattamente un autore popolare. Oggi sono pochi gli adulti che non sappiano – almeno vagamente – associare il suo nome al romanzo del Signore degli Anelli; probabilmente, inoltre, non avranno difficoltà a snocciolare almeno qualche nome tolkieniano. Frodo, Sauron, Aragorn sono personaggi, fra gli altri, ormai entrati di diritto nella cultura popolare mondiale. Per avere un’idea della loro popolarità attuale, basta sfogliare Facebook per notare quanti meme sono stati ispirati a scene divenute ormai iconiche della trilogia di Jackson: tanto per citarne un paio, quella in cui Gandalf blocca il Balrog sul ponte di Khazad-Dum (ricordate il celebre: «Tu non puoi passare!»?), oppure quella in cui Boromir osserva che «non è facile entrare a Mordor». E ce ne sono moltissime altre, naturalmente. (Se desideri approfondire l’argomento, ti suggerisco la lettura di questo mio articolo: Sedici anni dopo: cosa resta della trilogia di P. Jackson. Analisi di un fenomeno culturale controverso).

All’epoca, invece, Tolkien era un autore ancora poco conosciuto nella realtà provinciale: nella mia classe, composta allora da 28 alunni, eravamo solo in due a conoscerlo, io e (ovviamente) il mio migliore amico, al quale, nell’estate fra terza media e quarta ginnasiale, avevo fatto divorare l’intera mia biblioteca tolkieniana…oltre, naturalmente, a prestargli la mia VHS del film d’animazione del Signore degli Anelli diretto da Ralph Bakshi, al quale Lettrice ha dedicato un bellissimo articolo (potrete leggerlo qui: https://wordpress.com/read/feeds/78861705/posts/2422640572) e dal quale è tratta la copertina di questo articolo.

Qualche giorno dopo, la professoressa ci riconsegnò i compiti. Arrivata al mio turno, mi guardò con un’aria di stupore e disprezzo allo stesso tempo e definì il mio elaborato mediocre: 5. Al di là della votazione non proprio esaltante, la cosa che più mi fa sorridere, a distanza di tanti anni (ahia! ci risiamo sull’età…) è che il suo primo commento fu questo: «Non ho mai sentito parlare di questo Tolkien. Ho dovuto chiedere alla collega di inglese per avere un’idea più precisa di questo autore. Chi sarebbero poi questi Hobbit? E questo Erodo (sì, non ho sbagliato a scrivere, era convinta che questo fosse il nome di Frodo!) chi sarebbe? E così via…

Naturalmente, come potete immaginare, ci rimasi molto male, anche perché questi commenti mi erano stati mossi davanti a tutta la classe. La tiritera andò avanti ancora un po’, insistendo sul fatto che si aspettava da me un elaborato su Calvino…che prima degli autori stranieri, avremmo dovuto conoscere quelli nostrani e così via…Potete immaginarvi la scena, non sto a dilungarmi ulteriormente su questa immagine penosa.

Io, però, non mi arresi e qualche mese più tardi ebbi ancora modo di tornare sul mio autore preferito, ancora una volta entrando in conflitto con la stessa professoressa. La lezione di quel giorno era incentrata sull’epica e, più precisamente, sui miti fondatori dell’universo. Si parlava del potere fondante della parola, della Bibbia, dei miti greci, ecc…quand’ecco che la suddetta professoressa domandò alla classe se conosceva strumenti altrettanto potenti nel dare vita all’universo. Ovviamente io alzai la mano e risposi: «Il potere della musica nei miti tolkieniani!»…

Gelo in classe…

…e, naturalmente, altra lunga tiritera sul fatto che i miti classici non possono essere paragonati alle fantasie di uno sconosciuto autore straniero (e dagli!) e che avevo evidentemente troppo fantasia per elaborare simili teorie senza alcun senso. A distanza di anni, mi vien da sorridere perché mi rendo conto molto bene di quanto lei fosse in difficoltà di fronte a tutta la classe…anche perché – credetemi sulla parola – io replicavo punto per punto, sperando, nella mia ingenuità, di farle cambiare idea. Piccola precisazione che forse può aiutarvi a comprendere meglio il clima che si respirava in quegli anni: in un’antologia in uso presso un’altra sezione, Tolkien era citato nel capitolo dedicato alla…«paraletteratura», insieme ai fumetti e a libri-games! Ecco, l’idea stessa che esista una paraletteratura mi fa rabbrividire ancora oggi…

Alla lunga, comunque, capii che con il dialogo non avrei ottenuto nulla: d’altra parte si trattava della stessa professoressa che, pur messa dinanzi a una serie di enciclopedie che il sottoscritto le aveva gentilmente mostrato, restò convinta che i mammiferi fossero comparsi solamente dopo l’estinzione dei dinosauri…ma di questo, magari, parlerò in una prossima occasione…

Dicevo, ero ormai arrivato a un punto morto e mi sentivo – come potrete immaginare – anche piuttosto scoraggiato: fu allora che decisi che – se non potevo convincerla a parole – l’avrei «obbligata», per così dire, a riconoscere la bontà dell’epica tolkieniana con un piccolo stratagemma.

L’occasione mi si presentò a fine maggio: ultimo compito in classe di italiano, fra le varie tracce che erano state approntate, compariva anche questa: «Scrivi un componimento ispirato ai miti che hai studiato quest’anno». Anche in questo caso, naturalmente, le parole non sono precisissime, comunque il senso è quello che vi ho descritto.

Sorrisi: finalmente la mia occasione di vendicarmi era a portata di mano (anzi di penna)…

…e così scrissi, di getto, altre 9 colonne (lo so, ero uno scrittore prolifico già allora!) nelle quali riportai – fedelmente, per quanto la mia memoria lo permettesse – una parte decisiva del Signore degli Anelli, ossia la Battaglia dei Campi del Pelennor!!! Ebbi però l’accortezza – e qui risiedette la mia astuzia – di cambiare i nomi dei personaggi: niente nomi tolkieniani – o vagamente nordici – ma solamente nomi ispirati alla mitologia greca e romana. Ricordo, ancora, con soddisfazione, come descrissi il duello tra la mia Eowyn greco-romana (della quale, perdonatemi, ma non ricordo più con certezza lo pseudonimo che le affidai per quell’occasione…credo che fosse Diana) e il malvagio Signore dei Morti…alias, naturalmente il Capitano dei Nazgul!

Risultato?

9 e mezzo, lettura del componimento davanti alla classe e, come avrebbe detto Fantozzi, «92 minuti di applausi!»

(e tenete anche conto che, a differenza di quanto avviene oggi, all’epoca un nove e mezzo era un risultato assolutamente fuori dalla norma)

Ritornai a casa triofante, non tanto (o comunque, non solo) per il voto in sé, ma perché avevo dimostrato come, solo cambiando i nomi dei suoi personaggi, avevo reso giustizia a Tolkien e alle sue opere.

Il re, invece, era nudo.

Car* lett* grazie per aver letto questo ricordo di adolescenza, spero di averti fatto divertire (e perché no? anche riflettere)!

Colonna sonora

Care lettrici, cari lettori,
quest’oggi voglio inaugurare una nuova categoria, dal titolo «Colonne sonore», allo scopo di condividere uno dei brani musicali che mi sono stati di ispirazione – e che lo sono tuttora – nel mio processo di scrittura del «Ciclo del Marinaio». Si tratta di un pezzo dei Dream Theater, intitolato «The Count of Tuscany». Tralasciando la prima parte (molto bella, indubbiamente, ma forse poco vicina alle tematiche epiche della Terra di Mezzo), vi invito ad ascoltare i minuti compresi fra l’undicesimo e il diciannovesimo…personalmente li trovo molto struggenti e nostalgici, ideali come sottofondo per accompagnare i dialoghi fra Miriel ed Erfea.
In particolare, la parte finale (a partire dal minuto quindicesimo) potrebbe accompagnarsi molto bene a un momento topico mai narrato nei miei racconti, ma che avrei voluto descrivere, se ne fossi stato all’altezza: un dialogo mentale, come quelli che si svolgevano fra i Signori degli Elfi, descritti da Tolkien alla fine del Signore degli Anelli, fra Erfea e Miriel nel momento in cui quest’ultima capisce che l’onda scaturita dalla furia di Eru non la risparmierà. So bene che nel Silmarillion Miriel cercò di fuggire verso il Menalterma prima di essere trovolta e morire ma, credetemi, questa è forse l’unica scena che avrei cambiato della Caduta: avrei voluto che Miriel, poco prima di morire, avesse avuto la forza di affrontare la sua fine, dialogando brevemente con Erfea prima di quel tragico istante. Questa «pagina mancante» rappresenta uno dei miei più grandi crucci di autore: mi piacerebbe, un giorno, avere la giusta vena poetica per scriverla.

Fatemi sapere cosa ne pensate, buono ascolto!

[L’immagine in alto è intitolata «Rivendell» ed è opera di Blazgad Mikel]