Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere. III Atto, Scena Unica: la redenzione di un Elfo (Fine)

Care lettrici, cari lettori,
con questo articolo concludo la narrazione della tragedia relativa alla figura di Celebrimbor, il forgiatore dei Grandi Anelli del Potere. In attesa di vederlo prossimamente sui piccoli schermi nella serie prodotta da Amazon, spero di avervi incuriosito su questo complesso personaggio, sul quale è difficile dare un giudizio morale. Questo, in fondo, è il bello dei personaggi creati da Tolkien: sono «realistici» e al loro interno Bene e Male convivono, spesso in modo drammatico, come la vicenda di Celebrimbor insegna.
Dalla prossima settimana riprenderò la narrazione dei racconti di Erfea & Co. A questo proposito, mi piace concludere questo lungo ciclo di articoli svelando una piccola curiosità: il testo della tragedia che avete letto in queste settimane fu ascoltato da Erfea stesso, quando, giovanissimo, trascorse alcuni anni nella casa di Gil-Galad, l’Alto Re degli Elfi. Sarò rimasto turbato dal triste epilogo di questa storia? Chissà… Non ricordate quando è accaduto? Potete rileggere quella storia qui: L’incontro fra Erfea e Gil-galad

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

Narratore: Dopo la forgiatura dell’Unico Anello, Sauron chiese ai fabbri elfici che gli fossero restituiti i rimanenti Anelli, dal momento che, egli sosteneva, erano stati creati per mezzo della sua arte e dunque gli appartenevano di diritto. Al prevedibile rifiuto dei Noldor, con una rapidità impressionante, Sauron mosse dalla sua fortezza di Barad-dur e marciò con le sue armate alla volta del regno dell’Eregion, ove attaccò la città di Ost-in-Edhil.

Soldato elfico: Mio signore, le vedette hanno scorto un numeroso esercito approssimarsi alla nostra città; l’assedio è dunque prossimo ad avere inizio! Quali sono i tuoi consigli, in questa ora buia per la gente dell’Eregion?
Celebrimbor (scuro in volto e accarezzando l’elsa della propria lama): Riferisci ai tuoi compagni che non vi sarà altro conforto per noi che le spade, né altro rifugio che non sia quello costituito dalle nostre cotte di maglia. Venga pure Sauron, se questo desiderio corrisponde alla sua volontà, cosicché possa osservare le sue armate vacillare ed infine tremare dinanzi alla furia dei possenti Noldor!

Narratore: Infiniti atti di valore furono compiuti dai guerrieri elfici, ma essi non potettero arrestare a lungo la furia delle schiere di Sauron: dopo giorni di estenuante battaglia, la città fu presa e gli elfi massacrati dagli orchi.

Soldato elfico: Mio Signore, Ost-in-Edhil è caduta e gli orchi presto giungeranno in queste sacre aule.
Celebrimbor: Fuggi, fuggi e non voltarti indietro!
Soldato elfico: Se agissi come voi mi consigliate, verrei meno al mio onore di guerriero e di elfo.
Celebrimbor (sorridendo tristemente): L’unico elfo sul quale cadrà impietosa la vendetta dell’Oscuro Signore giace qui, innanzi a te. Non temere: altrove la speranza sopravvivrà, se gli elfi potranno ancora testimoniarla!
Soldato elfico: Questo è il mio destriero; afferratene le briglie e conducetolo lontano, ove le stelle ed il sole vi condurranno; maggiore sarà l’ira dell’Avversario, se egli si avvedrà che il suo maggior nemico è fuggito ed ha recato seco gli oggetti del suo bieco disio.
Celebrimbor: Maggiore sarebbe la mia vergogna, se dovessi abbandonare questo campo di battaglia, ove giacciono sì tanti orchi ed elfi che io più riuscirei ad identificarne i volti. Quanto a me, lascia che il mio corpo perisca in questa strage di Primogeniti, ché non si debba dire che Celebrimbor sia fuggito dinanzi a un nemico sì infame e codardo da non mostrarsi per nulla durante l’assedio. Solo in questo modo, dunque, riacquisterei l’onore perduto, ché il mio animo mostrerebbe a quanti offesi con parole poco degne del mio eloquio che Celebrimbor agì stoltamente, ma che combatté sì valorosamente e resistette ove erano i suoi gioielli, gli unici la cui luce seppe creare ad imitazione della maestà di coloro che sono al di là del mare e di colei che qui soggiornerà, fin quando il mondo non sarà mutato ed il suo destino giunto a termine.

Narratore (Girandosi in direzione degli spettatori): Voi, voi che avete udito questa sera narrare la storia di Celebrimbor, non dite che il figlio di Curufin cadde perché tradì la sua gente per vano orgoglio e per scarsa lungimiranza, ma che egli fu tradito a causa dell’infelice amore che nutrì per una bionda dama elfica: tuttavia, chi ama non è mai perduto ed il suo sacrificio non sarà mai vano.

Coro finale: Sventura colse coloro che i Grandi Anelli forgiarono
Nulla è nella Natura che non debba mutare il suo corso
Come le foglie nel grigio Autunno
Così le fragili esistenze dei figli di Iluvatar avvizziscono
Sventura sul figlio di Curufin
Che la mano osò levare sul biondo oro e sul freddo diamante
Sventura sul popolo dell’Eregion
Che i biechi lacci del ciacciatore non seppe evitare
Sventura sull’oscuro discepolo di Morgoth
Ira e rancore mossero i suoi passi su vacui sentieri
Ed egli qui pervenne
Ché la rovina dei Noldor fosse completa.

FINE

Qui potrete leggere (o rileggere) gli atti precedenti della Tragedia:
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere. II Atto, II scena: la scoperta dell’inganno di Sauron
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli. II Atto, II scena: la creazione di Nenya, Vilya, Narya
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere. II Atto, I scena. Celebrimbor e Galadriel (parte II)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: II Atto, I Scena. Celebrimbor e Galadriel
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II Scena (conclusione)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II scena (continuazione)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere. II Atto, II scena: la scoperta dell’inganno di Sauron

Care lettrici, cari lettori,
ci avviciniamo ormai all’epilogo della tragedia dedicata alla vita e all’opera di Celebrimbor, l’Artefice dei Grandi Anelli del Potere nella Seconda Era, che – stando ai vari rumors catturati nella Rete – dovrebbe essere uno dei protagonisti della serie prodotta da Amazon. Prima di lasciarvi alla lettura del penultimo atto dedicato a questo complesso personaggio, devo confessare che, a onor di verità storica, tra la creazione degli Anelli Elfici e quella dell’Unico trascorsero alcuni anni: per rendere più drammatica la scena, mi sono tuttavia permesso una piccola licenza poetica, se così si può definire, che spero possa essere di vostro gradimento.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

(Improvvisamente, una voce malvagia si leva da Est e la sua eco copre quella di Celebrimbor che tace atterrito)

Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende
Sette Anelli ai Principi dei Nani nelle loro rocche di pietre
Nove agli Uomini mortali che la triste morte attende
Uno per l’Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra
Nella terra di Mordor dove l’Ombra nera scende
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli
Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra cupa scende


Ash nazg durbatuluk, ash nazg gimbatul, ash nazg thrakatuluk.
Agh burzum-ishi krimpatul

Celebrimbor (tenendosi il volto fra le mani): Cosa è accaduto? Perché non ho più scorto, per alcuni attimi, la luce solare illuminare queste aule? Dove sono i miei fratelli?
Un grande maleficio è all’opera: tuttavia, sebbene il mio spirito sia ancora forte e desideroso di apprendere quanto le stolte menti non possono scorgere, pure, una grande stanchezza si è impadronita delle mie membra ed il peso degli Anelli sembra gravare sulla mia forte mano.
(Trasalendo, quindi gemendo) Adesso comprendo! La rovina è caduta su di noi, fabbri dell’Eregion! Annatar, colui che noi accogliemmo degnamente, ha infine rivelato i suoi veri intenti, tradendo la nostra causa: strappati i segreti della nostra arte alle nostre ingenue menti, ha infine forgiato un Anello al confronto del quale ogni mia creazione potrebbe impallidire. Tradimento! Tradimento è stato oggi compiuto ai nostri danni. Non vi è tempo da perdere in ulteriori indugi; inviamo gli Anelli degli Elfi ove il Nemico mai potrà giungere e difendiamo con le nostre vite quanto ci costò immani fatiche! Qui rimarremo saldi, finché la morte non sarà giunta sui nostri affranti, ma non ancora chini, capi.

Suggerimenti di lettura:

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli. II Atto, II scena: la creazione di Nenya, Vilya, Narya
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere. II Atto, I scena. Celebrimbor e Galadriel (parte II)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: II Atto, I Scena. Celebrimbor e Galadriel
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II Scena (conclusione)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II scena (continuazione)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli. II Atto, II scena: la creazione di Nenya, Vilya, Narya

Care lettrici, cari lettori,
l’articolo di oggi tratterà di uno dei momenti salienti della Seconda Era, ossia la creazione dei tre grandi Anelli elfici del potere: questi artefatti, a differenza degli altri, furono creati da Celebrimbor in completa solitudine, poiché il suo mentore Annatar (alias Sauron) si era ritirato nelle sue terre (cioè a Mordor). Purtroppo, però, poiché la tecnica alla base della loro realizzazione era stata ispirata in parte ai suggerimenti di Annatar, anche questi tre Anelli si trovarono legati alla sua oscura volontà. Al termine di molte traversie, questo fu il destino dei Tre: l’Anello di Fuoco (Narya) fu consegnato allo stregone Gandalf; l’Anello di Aria (Vilya) andò al mezzelfo Elrond (il padre di Arwen, per intederci); l’Anello di Acqua (Nenya), infine, fu consegnato da Celebrimbor stesso nelle mani di Galadriel, che intorno al suo potere rese segreto il regno di Lorien.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

Narratore: Dopo il rifiuto di Galadriel, Celebrimbor si recò alla dimora di Annatar e gli offrì piena collaborazione per l’opera che intendeva realizzare. Trascorsero gli anni e nelle forge di Ost-in-Edhil presero vita i Grandi Anelli del Potere degli Uomini e dei Nani; infine, dopo un estenuante studio condotto sotto la guida di Annatar, Celebrimbor raggiunse la vetta della sua abilità e forgiò in solitudine i Tre Grandi Anelli degli Elfi: Nenya, Vilya e Narya. Alcuni anni dopo, Celebrimbor presentò ai fabbri dell’Eregion le sue creazioni.

Coro: Sette Anelli ai Re dei Nani
Negli antri echeggianti del canto di possenti forge
Nove Anelli ai Re degli Uomini
Che si levano in possanza per breve tempo
Tre Anelli ai Re degli Elfi
Splendenti nelle loro vetuste dimore
Sette Anelli ai Re dei Nani
Nelle aule ricolme di ori e argenti
Nove Anelli ai Re degli Uomini
Nelle regge adornate da splendidi arazzi
Tre Anelli ai Re degli Elfi
Nelle limpidi fonti riflessi

Celebrimbor: (levando al cielo gli anelli elfici) Giunte a termine sono le mie fatiche ed esse apporteranno grande sollievo ai popoli della Terra di Mezzo: Nove Anelli ai Re degli Uomini, Sette Anelli ai Re dei Nani e tre ai Signori degli Elfi. Tutte le contrade che i nostri avi difesero strenuamente giacciono sommerse delle grandi acque del Belagaer, per tema che le ferite inferte dai Valar e dall’Oscuro Nemico potessero renderle oscure ed inospitali; non permetteremo, dunque, che anche codeste terre siano oltraggiate da mani poco savie!
Gli Anelli che ho forgiato durante questi lunghi anni solleveranno dalla miseria coloro che vivono nell’indigenza e divorati dal dubbio; grazie alle fatiche della mia mano e ai saggi consigli di Annatar il Grande, le genti della Terra di Mezzo conosceranno una nuova Primavera e le opere che esse hanno ottenebrato, per follia o per paura non saprei dire, torneranno a rifulgere di luce propria, sicché una nuova stagione di ricchezza regnerà nel cuore dei figli di Iluvatar ed essi saranno liberati dalle pesanti catene che i Valar posero sui loro corpi, affinché fossero privati della volontà e onorassero come un bene a loro infinitamente caro quanto agli occhi dei savi altro non era che una greve schiavitù.
Orsù, dunque: codesti giorni tristi si apprestano a terminare, per la gloria dei Noldor!

Suggerimenti di lettura:

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere. II Atto, I scena. Celebrimbor e Galadriel (parte II)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: II Atto, I Scena. Celebrimbor e Galadriel
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II Scena (conclusione)
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Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere. II Atto, I scena. Celebrimbor e Galadriel (parte II)

Care lettrici, cari lettori,
continuo in questo articolo la narrazione della triste vicenda di Celebrimbor, innamorato, senza essere corrisposto, da Galadriel. Buona lettura, aspetto i vostri commenti! Se avete perso gli articoli precedenti, o desiderate semplicemente rileggerli, trovate nei link in basso gli altri brani relativi a questa tragedia.

«Celebrimbor (irato in volto): Di quali pensieri e di quale volontà parli? Se i miei passi mi hanno condotto presso la tua dimore, è perché essi potessero realizzare il mio disio; a nulla servono le tue ammonizioni, né puoi ignorare che sia la paura a parlare in tua vece.
Galadriel: Vi sono molte paure e non tutte hanno conosciuto la medesima origine.
Celebrimbor: Tutte le paure, però, conducono verso un medesimo fine.
Galadriel: Conducendo seco, immagino, coloro che siano così ingenui da assecondarle, sia pure a prezzo di indicibili sofferenze.
Celebrimbor: Spiriti lungimiranti, però, potrebbero arrestarne il corso, mutandolo a proprio piacimento per il raggiungimento di fini che ad altri sono celati.
Galadriel: Celati non lo sono, ahimé.
Celebrimbor: Allora, poiché ben m’avvedo che il tuo spirito non ignori quello che io nutro, sarebbe forse opportuno affrontare insieme la paura che attanaglia i nostri cuori.
Galadriel: (dopo aver sospirato a lungo e con il volto addolorato): Bene non verrà da simili parole che pronuncerò dinanzi alle tue orecchie e che a te sono destinate e a nessun altro; tuttavia, poiché il destino del Mondo muta rapidamente, ti auguro che il rancore possa tramutarsi in sollievo ed il dolore in dolce malinconia. Tu mi ami, Celebrimbor dell’Eregion: nulla però posso contraccambiare dei tuoi sentimenti, ché essi non sono i miei ed altrove risiedono le mie dolci speme.
Celebrimbor (freddo e scuro in volto): Questo è dunque il tuo volere nell’ora del bisogno e del dolore; persevera pure nella tua volontà, se tale è il tuo desiderio, tuttavia, sappi che non vi sarà perdono, né pentimento alcuno.
Galadriel: Mio dolce amico…
Celebrimbor: Nessun perdono!
Galadriel: Fratello caro come un padre…
Celebrimbor: Nessun pentimento!
Galadriel: (abbassando il volto a terra) Sia dunque così come tu desideri: sappi che le porte della mia dimora ti saranno aperte, qualora il tuo volere dovesse mutare.
Celebrimbor: Se il mio volere dovesse mutare, verrei meno alla mia dignità: freddo sarà d’ora innanzi il mio cuore nei tuoi confronti ed esso non agognerà più alla tua dimora. Addio, dunque: possano i tuoi giorni essere più felici dei miei».

Suggerimenti di lettura:
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: II Atto, I Scena. Celebrimbor e Galadriel
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II Scena (conclusione)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II scena (continuazione)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: II Atto, I Scena. Celebrimbor e Galadriel

Care lettrici, cari lettori,
prosegue in questo articolo la storia della tragedia di Celebrimbor, il forgiatore dei Grandi Anelli e complice (inconsapevole) della malizia di Annatar, alias Sauron. La figura di Celebrimbor è doppiamente tragica: non solo per via delle note vicende che lo videro operare al fianco di quello che sarebbe diventato il malvagio Signore degli Anelli, ma anche perché egli amò, senza essere corrisposto, Galadriel, la più bella e nobile tra le donne elfiche.
In questo brano Celebrimbor si recherà da Galadriel, cercando, ancora una volta senza successo, di fare breccia nel suo cuore…

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

L’immagine in copertina è di Livia de Simone

Narratore: Uscito Annatar dalla Sala delle Forge ove aveva discusso con Celebrimbor, l’Elfo si reca alla dimora di Celeborn, ove chiede udienza presso dama Galadriel.

Coro: L’Amore che rende ciechi gli ignari
L’Amore che avvampa nei cuori orgogliosi
L’Amore che annienta ogni resistenza
L’Amore che l’odio distrugge
L’Amore che il dolore ignora
L’Amore principio della follia
L’Amore epilogo della disperazione
L’Amore dominato dagli sciocchi
L’Amore dominante dei savi
L’Amore affamato di sogni
L’Amore schiavo dei Figli di Iluvatar
L’Amore tiranno dei Figli di Iluvatar

Celebrimbor: Fermo, mio cuore, non esitare; e tu, animo squarciato da mille ferite, sii saldo; infine, dunque, quanto avevo osato sperare nel mio animo giunge a maturazione. Se questa notte il mio volere non sarà più solo, allora abbandonerò questi sentieri colmi di disperazione e mi recherò ove la luce è calda è profumata.
Codesta sarà la mia opera più grande; ruggine mi sembreranno, d’ora in avanti, tutti i gioielli e le lame che giacciano nei forzieri di questa città ed io sarò artefice di quanto i miei sensi fino a questo momento non hanno saputo cogliere.
Presto, dunque, mio cuore, il tuo dolore sarà lenito o sarà per sempre sovrano nel mio petto; non indugerò ancora, su queste scale, ed esse mi vedranno ebbro della vittorio o umiliato dalla sconfitta.
Galadriel: Chi mi chiama dunque? Chi pronuncia il mio nome sulla scala della mia dimora?
Celebrimbor (rivolgendosi al coro dei Noldor): Ella è qui! Amici miei, non posso tollerare oltre che la sua dolce voce esiti ancora nel pronunciare il mio nome, ché esso riempe il mio animo di indicibile gioia. Dunque risponderò ed il mio disio sarà soddisfatto. (rivolgendosi a Galadriel): Celebrimbor dell’Eregion chiede udienza dinanzi alla tua persona, signora dei Noldor. Non indugiare ancora e lascia che l’uscio della porta della tua dimora possa aprirsi.
Galadriel: Cosa domandi alla mia porta, Celebrimbor?
Celebrimbor: Questa porta, Signora dei Noldor, sarebbe ben più lieta di ascoltare il suono di altre parole uscire fuori dalle tue labbre, piuttosto che dalle mie. Perché, dunque, non vuoi che la tua voce diffonda echi diversi da quelli che ho testé ascoltato?
Galadriel: L’ora è tarda, sicché non dovrebbe meravigliarti ascoltare simili discorsi provenire dalla mia mente; non dirò che la tua visita mi giunga inattesa o sgradita. Il sonno, tuttavia, grava sulla tua mente Celebrimbor ed esso genera fantasmi oscuri.
Celebrimbor: Non vi è stupore alcuno, infatti, nel mio animo; tuttavia, se fosse il tuo cuore a parlare in vece della tua mente, forse il dolore ed il dubbio abbandonerebbero il tuo essere.
Galadriel: Non vi sono dubbi che alberghino nel mio cuore, figlio di Curufin: se incerta è stata la mia voce, è solo perché essa non vuole dichiarare quanto il mio animo vorrebbe risparmiarti di ascoltare.
Celebrimbor: Se, dunque, tale è il tuo volere, perché esso tace? Oscure mi sembrano le tue parole ed io non ne comprendo il significato.
Galadriel: Non vi sono parole che io posso rivelarti in grado di allietare il tuo animo, né la mia volontà, lo vedo bene, potrebbe mutare il tuo pensiero in quest’ora.

[continua]

Suggerimenti di lettura:
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II Scena (conclusione)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II scena (continuazione)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II Scena (conclusione)

Care lettrici, cari lettori,
eccoci alla conclusione della seconda scena del primo atto della tragedia dedicata alla figura di Celebrimbor e alla sua seduzione da parte di Annatar, alias Sauron. Trovate qui gli altri articoli pubblicati in merito a questo testo: Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II scena (continuazione); Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena; Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

L’illustrazione in copertina è opera di Angus McBride e rappresenta Celebrimbor intento a forgiare uno degli Anelli del Potere.

Celebrimbor (sdegnato in volto): Perché dunque non ti rivolgi ai fabbri di Khazad-Dum? Anch’essi, infatti, sono abili fabbri e sarebbero ben lieti di condurre la tua volontà verso un fine che riterresti soddisfacente.
Annatar: Sagge sono le tue parole; nessun nano, tuttavia, avrebbe perizia tale da lavorare la Fiamma Imperitura stessa! Solo tu, Celebrimbor dell’Eregion, possiedi l’abilità e la saggezza tali da poter ardire realizzare un simile obiettivo.
Celebrimbor: Se ho ben inteso le tue parole, condivideresti la tua arte con la mia? Nessun dono potrebbe essere più grande di quello che oggi mi proponi; eppure, entrambi lo sappiamo, nessun artista concederebbe con tale facilità i propri doni ad altri che non fosse il proprio allievo ed erede. Cosa dovrei concedere ai tuoi voleri affinché il tuo spirito possa dichiararsi soddisfatto del dono che mi offri?
Annatar (ridendo con grazia): Mio signore, quale dono potrebbe ricevere un simile nome, se fosse un pegno del quale l’incauto beneficiario dovrebbe poi pentirsi?
Celebrimbor: Ben m’avvedo che le tue parole siano veritiere; tuttavia il mio popolo teme la parola degli Ainur, quanto quella dei servi di Morgoth, ché spesso essi traggono proprio vantaggio da azioni che, agli occhi degli sciocchi e degli ingenui, potrebbero apparire generose. Sia come dici: possa l’Uno maledirti mille e ancora mille volte se le promesse si dimostreranno false!
Annatar (inchinandosi profondamente): Nulla avrà da pentirsi Celebrimbor se seguirà quanto i suoi voleri lo esortano a compiere.

Continua con il secondo atto…

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II scena (continuazione)

Care lettrici, cari lettori,
proseguo con questa storia la narrazione della tragedia di Celebrimbor, alle prese con i desideri inconsci (e terribili) del suo animo…se vi siete persi le altre parti di questo racconto, vi suggerisco di leggerle (o rileggerle) qui: Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I; Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

«Celebrimbor: Se davvero sei chi affermi di essere e se i desideri più inconsci del mio spirito non ti sono ignoti, allora ben comprenderai quanto le tue parole non possano obliare alcuno fra i dolori che il mio cuore affliggono.
Annatar: Sappi, tuttavia, che i miei doni non sono semplici artefatti o parole pronunciate con saggezza, ché altre sono le ricompense che il mio spirito nutre ardentemente poter consegnare nelle tue abili mani.
Celebrimbor (rivolgendo ad Annatar uno sguardo sospettoso): Perché dovrei dunque credere che un figlio del popolo degli Ainur sia giunto in siffatta contrada per distribuire i suoi doni con tanta generosità? Perché i Valar non sono giunti dinanzi al cancello di questa città per redimersi dai loro errori e chiedere perdono al popolo dei Noldor? Certo, pur non essendo signore di alcuna schiatta e privo dell’autorità che i miei padri conobbero allorché l’Oscuro Nemico ancora dominava i fati dei figli di Iluvatar, mai potrei accettare che un loro servo, se pur dotato di arti quali gli elfi forse non saranno mai in grado di raggiungere, possa parlare in loro vece!
Annatar: Giunsi da Valinor, ma non per conto dei Signori di quella contrada; essi, infatti, riposano nella coltre delle nubi che si ergono fra il mare ed il cielo, più non curandosi di quanto avviene nelle terre mortali; tuttavia, lungi dal nutrire il mio animo astio nei loro confronti, esso gioisce, ché, altrimenti, il mio corpo avrebbe indugiato troppo a lungo nelle aule che furono della schiatta di Aulë il Fabbro senza conoscere la selvaggia bellezza della Terra di Mezzo. Fu detto che i Valar dovessero intendere solo in parte il pensiero di Ëru, ché questi era superiore a loro quanto a possanza e a splendore: gli Ainur, tuttavia, non devono servitù alcuna al loro signore, se non quella che priverebbe la loro volontà dei desideri più inconsci che nutrono i loro animi. Cos’è un’esistenza, dunque, se non adempiere ad una missione? E se la nostra missione fosse quella che mani troppo deboli temono di voler afferrare, non sarebbe questa paura simile a codardia? Realizzare il volere di Ëru riempirebbe il mio ed il tuo animo di possente gioia che nessun Vala disconoscerebbe; al contrario, codesti Signori onorerebbero il mio ed il tuo nome nei secoli a venire, lieti che queste contrade non siano state adombrate dall’ombra dei servi di Morgoth.
Celebrimbor: Se tale, come tu dici, fosse la mia volontà, quale vantaggio ti apporterebbe il mio assenso? O, forse, credi che i Noldor non siano che stolti strumenti nelle tue orgogliose mani?
Annatar: Mio Signore, non è sugli abili Noldor che il mio volere vuole imporsi, ché esso non trarrebbe alcun beneficio da una simile schiavitù, né, certo, avrei la forza di poter assoggettare il tuo orgoglioso popolo, né alcuno altro della Terra di Mezzo: perché, al contrario, non realizzare una grande lega fra tutti i popoli, affinché cià che i nostri spiriti ambirono poter ottenere per pochi eletti sia infine patrimonio comune a tutti i figli di Iluvatar?
Celebrimbor: Quale sarebbe, dunque, il pegno che ogni popolo libero dovrebbe versare per ottenere una simile alleanza?
Annatar (avvicinandosi ancor più all’elfo e chinandosi sul suo orecchio destro): Le alleanze stringono in un ferreo patto coloro che ne seguono gli intenti, legando i loro destini l’uno con l’altro, di modo che nessuno appaia più estraneo e cessi la guerra fa i giovani mortali ed i vetusti immortali; sia dunque un Anello il simbolo della nostra alleanza, affinché ognuno di noi possa condividere l’altrui destino. (CONTINUA)

Suggerimenti di lettura: Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena; Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena

Care lettrici, cari lettori,
proseguo in questo articolo la narrazione della tragedia incentrata sulla figura di Celebrimbor, l’elfo noldo forgiatore dei Grandi Anelli. Trovate la prima parte della tragedia qui: Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

Coro:
L’apparenza dagli occhi di bragia e dal sorriso dorato
L’apparenza dal volto nascosto e dall’ingannevole aspetto
L’apparenza figlia della Notte e del Vuoto
L’apparenza ancella del Dominio e del Potere
L’apparenza appestatrice degli animi dei figli di Iluvatar
L’apparenza madre delle menzogne e dei desideri insani
L’apparenza dolce nenia dei saggi ammonimenti
L’apparenza malsano balsamo per le profonde ferite
L’apparenza speme per quanti al mondo più non si volgono
L’apparenza sovrana della bella morte
L’apparenza schiava della triste morte
L’apparenza temuta quanta desiderata

Annatar: (inchinandosi profondamente nei confronti di Celebrimbor): Mi avete fatto dunque chiamare, Signore dei Noldor? Esulta il mio cuore, ché da lungi desideravo mirare il sembiante del più possente tra i figli di Fëanor ed egli è sovente stato al centro delle mie peregrinazioni sin da quando mi giunse voce che un mirabile artista, le cui opere tutta Ëa invidia, dimorava in siffatta contrada.
Celebrimbor (ricambiando l’inchino): Signore? Di quale feudo o di quale schiatta la mia persona sarebbe dunque padrone?
Annatar: Non sono dunque veritieri i racconti che giunsero ad Occidente?
Celebrimbor: Di quali racconti parlate?
Annatar: Delle canzoni e dei poemi che scrissero in vostro onore i vetusti bardi del popolo dei Vanya.
Celebrimbor: (stupefatto in volto e pronunziando lentamente le parole) Siete stato dunque a Valinor ed avete fatto ritorno alla Terra di Mezzo? Ora comprendo per quale motivo la vostra venuta è preceduta da grande meraviglia e timore, ché molti diffidano dai Signori dell’Occidente, rei di aver abbandonato le contrade dalle quali noi, pur avendo la possibilità, non fuggimmo. Grande opere avrebbero pouto essere concluse se l’ignavia non avesse trionfato negli animi dei Valar e delle loro spose; se davvero provieni dalla contrada ove i miei avi vissero per qualche tempo, rammenta ai tuoi signori che le schiere degli orgogliosi Noldor, lungi dall’essere precipitate nelle barbarie e nell’ignavia, hanno retto queste contrade con sapienza e vigore. Io, però, non sono signore di codesta terra, ché essa è sotto la potestà di Celeborn il Sinda e della sua sposa, Galadriel, né le tue parole hanno rischiarato i miei dubbi su quanto impunamente hai pronunciato.
Annatar: No, mio signore, non vi è malizia nella mia voce, né imprudenza nella mia mente: quale elfo, infatti, fosse anch’egli valoroso come Celeborn del Doriath, può vantare le tue abilità nel rendere docili i metalli alla forgiatura e nell’incastonare i freddi diamanti sui gioielli che il tuo estro crea? Ora, forse, ti parranno veritiere le mie parole, ché non vi è potere più grande di quello che dimora nei figli di Iluvatar i quali siano in grado di plasmare la Fiamma Vitale a loro piacimento.
Celebrimbor: Ove vi è freddo e la materia è inerte, forse il mio intelletto è sufficientemente dotato per sapere infondere in essa forma e grazia; gli animi dei figli di Iluvatar, tuttavia, esulano dalla mia volontà ed essi non possono essere piegati come fogli di metallo, né con dolci parole, né con saggi ammonimenti. La Fiamma Imperitura, ahimé, non posso controllare, ché non conosco i segreti pertugi attraverso i quali la sua luce riscalda i cuori dei Noldor.
Annatar: Quanto è ignoto alla mente dei Primogeniti, non lo è dinanzi a quella degli Ainur.
Celebrimbor: Chi sei tu, dunque?
Annatar: Il Signore dei Doni, del popolo di Aulë il Fabbro, giunto alla Terra di Mezzo per colmare i suoi abitanti delle letizie che per troppo tempo i Valar dell’Occaso negarono loro; ora che mi avvedo della possanza del figlio di Curufin, comprendo come nesssun cimelio, per quanto splendente, potrà mai eguagliare il suo spirito».

Continua…

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I

Care lettrici, cari lettori,
quest’oggi vi propongo il primo atto di una tragedia che scrissi alcuni anni fa, intitolata «Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere». Questa tragedia, costruita a imitazione di quelle classiche, è provvista di coro e narratore onniscente. Celebrimbor è stato il più grande artista elfico della Seconda Era, colui che creò, insieme ad Annatar, i Grandi Anelli del Potere. In questa scena iniziale il fabbro elfico si lamenta del suo amore non corrisposto nei confronti di Galadriel, moglie di Celeborn.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

L’immagine in copertina è opera di kimberly80.

Narratore: Celebrimbor entra nella sala delle forge, nei sotterranei della città di Ost-In-Edhil, ove è intento a realizzare opere di grande valore.

Coro: Sventura attende coloro che i Grandi Anelli Forgiarono
Nulla è nella Natura che non debba mutare il suo corso
Come le foglie nel grigio autunno
Così le fragili esistenze dei figli di Iluvatar avvizziscono
Sventura sul figlio di Curufin
Che la mano osò levare sul biondo oro e sul freddo diamante
Sventura sul popolo di Eregion
Che i biechi lacci del cacciatore non seppe evitare
Sventura sull’oscuro discepolo di Morgoth
Ira e rancore mossero i suoi passi su vacui sentieri
Ed egli qui pervenne
Ché la rovina dei Noldor fosse completa.

Celebrimbor: Se io fossi, amici, inabile alle armi, pure non lamenterei la mia sventura; se io fossi lento nella corsa e nella lotta, pure mai ascoltereste la mia voce levare alte grida di rabbia; se io fossi cieco e storpio, pure il mio cuore non ne soffrirebbe, ché vi sono altri sensi oltre la svista, né essi mi sono sconosciuti; se io fossi, tuttavia, incapace nel parlare, allora grande sarebbe il mio risentimento e le volte delle aule di Ost-in-Edhil risuonerebbero di echi spaventosi ad udirsi.
La più possente fra le arti che i Valar insegnarono ai miei avi, infatti, consentì loro di comprendere il creato e di differenziarsi in questo dalle bestie della terra e dagli uccelli del cielo; prima che gli Elfi si destassero ad oriente, nessuno aveva dato un nome alle creazioni di Eru Iluvatar ed esse giacevano dimenticate, in antri oscuri e gelidi, ove mai era giunto il destriero di Orome il Valoroso.
Un dì, tuttavia, un elfo levò, stupito in volto, la mano verso il cielo e scorse una luce che nessuna tenebra poteva offendere: chiamò quel prodigio stella ed il suo nome fu tramandato ai posteri, affinché essi imparassero a riconoscere e ad onorare la luce di Elentari.
Amici, grande invidia nutre il mio cuore per un simile elfo, che levò alto il suo grido d’amore verso la luce più splendente che i suoi occhi avessero mirato! Egli seppe così attribuire il nome all’oggetto del suo disio e ne fu senza dubbio appagato, ché, altrimenti, mai sarebbe stato tramandato il suo ricordo a coloro che ancora della nostra stirpe errano su questi lidi al di là del mare; io, tuttavia, che infinite opere creai e ornai di bellezza e virtù, sicché esse parvero prendere vita, non mi sono mostrato all’altezza della mia fama, ché ancora esito e non vi è grido che mi salga dal cuore che possa alleviare il mio tormento.
Quale nome, infatti, potrebbe risvegliare in lei quanto nel mio animo è divenuto allo stesso tempo tortura e delizia? Quali cimeli potrebbero eguagliare il tesoro che la casa di Celeborn il Sindar custodisce sì gelosamente?
Io credo, o Noldor, che mai nessuna arte dei figli di Fëanor potrebbe allietare il mio tormento; voci, tuttavia, mi sono giunte da Oriente e da Occidente, dalle steppe del Rhovanion e dal regno del mio sovrano, Gil-Galad, l’Alto, voci che potrebbero guarire le ferite del mio animo, se si dimostrassero veritiere. Un grande signore, adorno della maestà dei reggenti dell’Occidente, è infatti giunto alle contrade dei Noldor e ha domandato udienza presso i Principi della mia schiatta: invero, molto desidero conoscere tale essere, ché alcuni mormorano essere in grado di chiamare a sé le Potenze del cielo e della terra.
Orsù, dunque, conducete da me il viandante di cui vi ho parlato e badate che nessuno disturbi il nostro colloquio».

Akhallabeth – Scena V ed ultima. Il discorso di Sauron ai Numenoreani il giorno di Mezza Estate

Con questo articolo concludo la narrazione della Tragedia della Caduta (o Akhallabeth in adunaico, la lingua madre dei Numenoreani). Con i prossimi articoli ricomincerò la trattazione delle gesta di Erfea all’indomani della costituzione dei Regni in Esilio (Arnor e Gondor) nella Terra di Mezzo e avrò occasione di presentare qualche nuovo ritratto.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti.

(È il giorno di Mezza Estate: a Numenor si celebra la consueta festa in onore di Eru Iluvatar, ma l’atmosfera è inquieta; nubi neri si sono posate sul Menalterma. A tratti la terra trema. Alla sesta ora dopo il sorgere del sole, si assiste alla processione di tutti i nobili numenoreani: in testa vi sono Ar-Pharazon e Ar-Zimpharel, seguiti da Elendil, Isildur e Anarion; chiude la fila Sauron, che fa la sua apparizione vestito di un abito nero con intarsi dorati)

Araldo: (con il braccio rivolto all’ingresso dal quale entreranno tutti i nobili numenoreani) Mirate, figli di Numenor, Sua Maestà Ar-Pharazon il Dorato!
(molti applausi dalla folla)

Araldo: Sua Maestà, Principessa Reale di Numenor, Ar-Zimpharel, figlia di Tar-Palantir!
(molti applausi della folla)

Araldo: I Principi di Andunie, Elendil l’Alto ed i suoi giovani figli Isildur ed Anarion!
(pochi applausi da parte della folla)

Araldo: Signori di Numenor, dame e cavalieri, ascoltate adesso le parole del Sovrintendente, Sauron il Magnifico.

(breve stacco, infine Sauron fa scivolare la propria cappa e rivela a tutti la sua identità)

Sauron: Contro la mia volontà fui condotto qui, uomini dell’Ovesturia, eppure mai intesi sfidare le gloriose armate del Re degli Uomini. A voi, uomini di Numenor, sovrani della Terra di Mezzo, dico questo: mai vi fu, fin dagli albori del tempo, stirpe sì gloriosa e degna di essere chiamata Signora fra tutte, come quella che ora solca in lungo e in largo gli oceani sconfinati.

Primo Cittadino: Lode al nome di Sauron e al nome di Numenor!

Secondo Cittadino: Silenzio, lasciate che parli! Ohè, silenzio, dunque!

Sauron: Le Leggi che avete fino ad oggi onorato, i Valar e gli Elfi hanno ordinato che fosero gli uomini a seguire, senza tuttavia mai svelarne la ragione; ebbene, folli si sono rivelati i loro oscuri disegni, ché nulla di quanto complottano mi è ignoto.

Terzo Cittadino: Di quale complotto parla costui? Chi trama alle spalle della potenza di Numenor?

Primo Cittadino: Gli Infidi Valar tramano la rovina di Numenor! Chi sono dunque costoro perché noi dovremmo loro obbedienza?

Sauron: Al principio di questa Era, Eonwe, l’araldo dei Valar, vi proibì l’accesso a Valinor; sempre avete temuto tale ordine, e mai la vostra obbedienza è venuta meno. Qualcuno tra voi potrebbe forse affermare che l’uomo giusto è timoroso degli dei e ne osserva le immortali leggi; tuttavia, se davvero vi sia tra voi chi parli in siffatto modo, sappia che non è degno di appartenere a tale gloriosa stirpe.

Secondo Cittadino: Cosa dice costui? Invero, segreto ed oscuro mi sembra il significato delle sue parole ed io non comprendo cosa celi il suo pensiero.

Terzo Cittadino: A me, invece, ogni cosa sembra chiara: armiamoci e ribelliamoci agli infidi Valar, signori di ogni inganno e sopruso!

Sauron: Non è forse vero che essi vi domandarono ausilio e venerazione quando ne ebbero bisogno? Eppure, uomini di Numenor, con quali ricompense furono riscattate le vostre lacrime e i vostri morti? Doni furono assegnati ed invero di grande valore (rivolge uno sguardo sarcastico a Isildur), eppure nulla che vi permettesse di condividere la più grande ricchezza sì gelosamente custodita dai Valar. Io vi dico che il dono della morte altro non è che un vile inganno per mezzo del quale siete stati privati della vostra volontà e del vostro futuro.

Elendil (a bassa voce): Codesta è pura follia…

Isildur (a bassa voce): Per buona sorte dello Stregone, siamo stati privati delle nostre armi allorché la processione ha avuto inizio.

Anarion (a bassa voce): Mirate Ar-Zimpharel, sembra che la vita sia fuggita dal suo corpo.

Sauron: I Valar disposero i loro precetti per gli stolti, eppure chi fra voi oggi si riterrebbe tale? A voi, Signori della Terra di Mezzo, dico questo: gli uomini gloriosi e potenti afferrano quanto è a loro gradito seguendo percorsi che ai deboli sono preclusi.

Primo Cittadino: Infida è la parola dei Valar, e schiavi di essa sono gli uomini che ne seguono gli intenti.

Secondo Cittadino: Chi sei tu, dunque, perché debba costì parlare? Quale sentiero le nostre esistenze dovrebbero percorrere?

Ar-Pharazon: Non abbiate timore di alcuna mala sorte, Numenoreani! Un tempo prelevammo Sauron, perché egli si prostasse innanzi alla nostra maestà e rendesse omaggio alla stirpe del sovrano, ed ora egli offre a tutti noi un reame degno della potenza delle nostre schiere. Cos’è una vita se non adempiere ad una missione? E non è forse la nostra quella di elevarci al di sopra dei comuni mortali e reclamare quanto è nostro di diritto? Mirate Sauron, non è egli forse prostrato innanzi a me?

(Sauron s’inchina al re: gioia e tripudio dalla folla)

Primo Cittadino: Il Signore di Mordor si inchina al volere di Ar-Pharazon; egli si è redento, ed ora non vi sono più rivali in grado di contrastare il nostro dominio.

Sauron: Numenoreani, invero nessuno popolo oserà sfidare il vostro volere, tuttavia io vi metto in guardia, ché molti dei vostri congiunti tramano all’ombra delle loro fortezze (sguardo di Sauron rivolto a Elendil, Isildur e Anarion).

Terzo Cittadino: Chi sono questi traditori? Bruciamo le loro dimore ed incendiamone le navi!

Sauron (levando con un atto imperioso la mano): Il mio signore, Melkor, con l’inganno fu esiliato nel nulla, il medesimo che i Valar sussurrarono nelle orecchie dei vostri padri; essi lo combatterono e lo sconfissero, tuttavia egli non nutre alcun rancore verso di voi, ché ben comprende come le vostre menti siano state guidate sino ad oggi da sciocchi consigli e insani ammonimenti. A lungo vagai per questa Terra di Mezzo, affinché potessero fiorire i semi di Melkor ed ora mi accorgo quale meraviglioso verziere di delizie e incanti ricolmo sia sorto nella vostra isola.

(Le aquile di Manwe appaiono ad occidente: il terrore si impadronisce della folla)

Secondo Cittadino: I Messaggeri di Manwe sono su di noi!

Primo Cittadino: La collera di Manwe spira da Nord!

(Sauron, colpito da un fulmine, resta integro ed estrae la sua spada)

Sauron: Finanche le Grandi Aquile sono incapaci di procurarmi offesa! D’ora innanzi, la legge che seguirete sarà dettata dal vostro volere, ché i grandi uomini nulla devono temere!

(Tutti i Numenoreani, eccetto i Fedeli, si prostrano ai piedi di Sauron)

Terzo Cittadino: Alle armi! Alle armi! La conquista di Valinor è prossima, Numenoreani!

(Fine della Tragedia)

Leggi anche:

Akhallabeth – Scena IV – Le tentazioni di Sauron

Akhallabeth – Scena III, parte II: Il dialogo tra Ar-Zimpharel ed Elendil

L’Akallabeth: il monologo di Miriel (III Atto)

L’Akallabeth: la corruzione di Pharazon (II Atto)