Gli Orchi sono immortali?

Dopo aver approfondito la conoscenza dei Nazgul, vorrei adesso soffermarmi sugli Orchi. A differenza degli Spettri dell’Anello, gli Orchi solitamente non colpiscono particolarmente la fantasia del lettore e dello spettatore: entrati a buon diritto nei panni dei “cattivi” per eccellenza di tante saghe fantasy, sono noti soprattutto per la loro ferocia, brutalità e in qualche caso, per un QI non propriamente lusinghiero.

Questa, almeno, è l’opinione ricorrente sugli Orchi, rafforzata non solo da ambientazioni ludiche (penso a D&D, Hero Quest, ecc.), ma anche dalle pellicole cinematografiche di Peter Jackson. In questi film, inoltre, agli Orchi è riservato il ruolo di “carne da macello” per eccellenza: Aragorn, Gimli e Legolas, in particolare, ne ammazzano una gran quantità senza apparente sforzo. Per carità di patria, poi, tacerei su quello che accade durante la fuga della compagnia di Thorin dalle segrete di Thranduil nel secondo film della trilogia dell’Hobbit…

In realtà gli orchi descritti di Tolkien sono un po’ diversi da quelli cinematrografici.

In primo luogo, dimentichiamoci esperimenti genetici come quelli che commette Saruman nel primo film del SdA: incrociando orchi e goblin avrebbe ottenuto solo…orchi e goblin! Questo perché negli scritti di Tolkien entrambi i termini indicano l’orco tipico, la cui altezza è compresa fra i 120 e i 160 centimetri, dalla faccia aguzza e dallo sguardo obliquo, colore di pelle verdastro ecc. Questi erano chiamati nelle prime traduzioni del SdA come orchetti, un termine che secondo me rendeva bene la differenza fra questi e i grossi Uruk, orchi che erano stati selezionati da Sauron alla fine della Seconda Era per combattere contro gli eserciti dell’Ultima Alleanza, attraverso metodi ignoti: si può supporre solamente che, come avviene con gli animali, egli avesse incrociato fra loro gli individui più alti e robusti degli Orchetti sino a ottenere una nuova razza di orchi, ma è solo una mia teoria, non suffragata in nessun modo dagli scritti di Tolkien. Tutti gli Orchi, d’altra parte, derivavano a loro volta da una serie di incroci avvenuti fra alcuni Elfi, catturati da Morgoth, maestro di Sauron, e una serie di spiriti demoniaci non meglio specificati: la prole di questi accoppiamenti forzati, brutalizzata dalle torture, dalla mancanza di aria e luce, ecc. avrebbe dato vita alla razza degli Orchi. Almeno, questa era la teoria di molti dei Saggi della Terra di Mezzo. Morgoth, infatti, non poteva infondere la vita in una nuova creatura: quello era un potere riservato solo a Eru-Iluvatar, il dio creatore. L’unica soluzione alla quale poteva ricorrere Morgoth (e Sauron dopo la sua scomparsa) era quella di agire sulla “materia vivente” già esistente, modificandola per selezionare e ottenere creature più utili ai propri scopi malvagi.

Chiarito questo punto essenziale sull’origine degli Orchi, è naturale chiedersi se, come gli Elfi loro predecessori, gli Orchi potessero essere immortali (ed eternamente giovani). Non è facile risolvere questo quesito, perché, certamente, gli Orchi adoravano la guerra al di sopra di ogni altra cosa e questa passione contribuiva ad abbreviare la durata della loro esistenza in modo drastico, immortalità o no: qualche elemento, però, si può ricavare dagli scritti tolkieniani.

Nell’Hobbit, ad esempio, Gandalf si rivolge a Dain annunciandogli la venuta di Bolg, figlio di Azog, ucciso dal nano dinanzi ai Cancelli Orientali di Moria. Se osserviamo la cronologia della Terza Era della Terra di Mezzo, notiamo che lo scontro nel quale Azog fu ucciso avviene nel 2799; la battaglia dei Cinque Eserciti, invece, si svolge nel 2941, esattamente 142 anni più tardi! Anche immaginando che Bolg avesse solo un anno quando suo padre fu ucciso da Dain, questo significa che egli avrebbe avuto almeno 143 anni all’epoca dei fatti narrati nei capitoli finali dell’Hobbit! Non solo era vivo e vegeto, ma godeva di ottima salute, dal momento che scendeva in battaglia con i suoi eserciti!

Questo breve dialogo, inoltre, conferma l’esistenza di orchesse, che generavano piccoli orchi: ritengo, quindi, che ogni qual volta Tolkien scriveva di proliferazione e moltiplicazione di orchi, non intendesse alludere a nessuna tecnica di clonazione (che peraltro era sconosciuta nella sua epoca), ma disponibilità, da parte di Sauron, di tre elementi, necessari per accrescere una qualunque popolazione (elfica, umana, orchesca, ecc.): 1) disponibilità di cibo; 2) cessazione di ogni ostilità fratricidia; 3) protezione da pericoli esterni. In questo modo gli Orchi crebbero in gran numero: se poi aggiungiamo che, probabilmente, non si curavano troppo dei legami familiari e che le orchesse erano ingravidate di frequente da maschi diversi, ciò potrebbe spiegare anche la velocità con la quale il loro numero si accrebbe.

Un ultimo accenno lo vorrei dedicare alla mentalità orchesca: nei film del SdA e dell’Hobbit, essi appaiono sempre come creature votate alla malvagità assoluta, schiavi dei loro Padroni, ai quali non osano ribellarsi. Un dialogo fra due orchi di Sauron, presente nel libro “Il Ritorno del Re”, mostra, al contrario, una realtà molto più sfumata, indice della presenza, perfino fra gli Orchi, di un istinto rabbioso verso l’Oscuro Signore:

“Darò il tuo nome e il tuo numero ai Nazgul”, disse il soldato, e la sua voce era piena di paura e di rabbia. “Maledetto spione!”, urlò. “Non sai fare il tuo lavoro e non sai nemmeno rimanertene fra la tua gente. Va’ dai tuoi luridi Strilloni, e che possano spellarti vivo! Se il nemico non li prende prima. Hanno accoppato il Numero Uno [il Re Stregone], ho sentito dire, e spero che sia vero!” SdA, Il Ritorno del Re, p. 233.

I Nazgul

Credo che i Nazgul siano, tra tutti i personaggi “negativi” dell’epopea tolkieniana, quelli che sono ricordati maggiormente dal grande pubblico. I mantelli neri, il viso invisibile, le loro cavalcature simili a un piccolo drago…sono dettagli che spaventano e perciò affascinano sia lo spettatore che, naturalmente, il lettore. Nonostante le storie fantasy e gotiche siano colme di fantasmi e spettri più o meno terrorizzanti, trovo che la caratterizzazione dei Nazgul sia molto originale all’interno della vasta famiglia degli “ectoplasmi” letterari. Confesso che, sin dalla mia prima visione del film d’animazione di Ralph Bakshi del 1978 (sul quale tornerò con un articolo specifico), rimasi colpito da queste creature, così letali e allo stesso tempo misteriose.

Credo, infatti, che ogni buon tolkieniano si sia posto, almeno una volta, la seguente domanda: «Chi sono i Nazgul?»

Purtroppo Tolkien non è in grado di raccontarci molti dettagli sulle biografie di questi esseri. Può essere che, alla base di questa decisione, ci sia stata la scelta di non attribuire troppa importanza a esseri che erano stati totalmente corrotti dal Male: una sorta di damnatio memoriae letteraria. Qualcosa che Gandalf, nel secondo film dell’Hobbit, avrebbe riassunto sinteticamente rispondendo in questi termini alla (legittima) domanda di Radagast sull’identità di chi fosse sepolto nelle Alte Colline: «Se un nome l’aveva, è stato dimenticato. Sarebbe stato ricordato solo come uno dei Nove».

In mancanza di certezze da parte dell’Autore, naturalmente ogni teoria è ben accetta. Gli unici elementi affidabili che possiamo ricavare dalla sterminata produzione letteraria del Professore sono i seguenti:

1) I Nazgul compaiono per la prima volta nell’anno 2251 della Seconda Era;

2) Tre di loro erano stati in vita nobili di alto lignaggio di Numenor; tutti loro, comunque, erano stati grandi maghi, sovrani, condottieri che avevano però ceduto alle lusinghe di Sauron;

3) Il secondo tra i Nazgul aveva nome Khamul, l’Ombra dell’Est (chiaro riferimento a un sovrano degli Esterling).

4) Hanno un corpo, ma non è visibile se non in particolari condizioni: Tolkien ci lascia una descrizione molto precisa dell’attacco di Merry al Re Stregone: «la spada l’aveva trafitto alle spalle, squarciando il nero manto e la cotta di maglia, e colpendo il tendine del suo possente ginocchio» (Sda, Il Ritorno del Re, pp. 135-136);

5) Temono gli elfi e le acque profonde.

Tutto il resto sono congetture, più o meno ben sviluppate, come vedremo. Non siamo neppure del tutto certi che fossero solo uomini: la nota poesia che apre il Signore degli Anelli declina sempre al maschile i portatori; e se non sapessimo già che Galadriel aveva un anello elfico, potremmo pensare che tutti loro fossero di sesso maschile (e dunque sbaglieremmo).

Il capitolo «La caccia all’Anello» dei “Racconti incompiuti” presenta un quadro per certi versi inedito dei Nazgul, sottolineando una serie di differenze esistenti fra il Re degli Stregoni e gli altri otto Nazgul. Sauron, in questa versione, è confuso in merito alla decisione da prendere per dare la caccia all’Unico Anello e, alla fine, decide di ricorrere ai Nazgul, non senza alcune perplessità.

«Era stato riluttante a farlo prima di sapere dove esattamente si trovasse l’Anello, e ciò per vari motivi. I Fantasmi erano di gran lunga i più potenti dei suoi servi e i più adatti a una missione del genere, perché completamente schiavi dei loro Nove Anelli, attualmente in possesso di Sauron; erano del tutto incapaci di agire contro la sua volontà, e anche se uno di essi, persino il Re degli Stregoni loro capitano, avesse messo le mani sull’Unico Anello, l’avrebbe riportato al suo Padrone. Ma erano anche svantaggiati finché non cominciasse la guerra aperta (alla quale Sauron non era ancora pronto). Tutti, tranne il Re degli Stregoni,  da soli durante il giorno si perdevano, e tutti, ancora una volta salvo il Re degli Stregoni, temevano l’acqua […] Inoltre, la loro arma principale era il terrore, il quale risultava maggiore quand’erano svestiti e invisibili, e maggiore anche quando fossero tutti assieme» p. 455

Da questa descrizione si ricava l’idea che, nella Terza Era, i Nazgul (come d’altronde il loro Padrone) si fossero indeboliti: non erano in grado di orientarsi durante il giorno (senza la guida del Re Stregone? Oppure di Sauron stesso? In questo punto l’interpretazione del brano è oscura). Inoltre la loro forma invisibile arrecava un terrore senza fine, attenuato quando erano rivestiti di manti e corazze.

Si può ragionevolmente supporre, tuttavia, che questa versione dei Nazgul fosse destinata a essere modificata: i primi incontri fatti da Frodo e dai suoi amici con queste creature avvengono di giorno e spesso (per loro fortuna) si tratta di un solo Spettro dell’Anello. È evidente, dunque, che nell’evoluzione dei Nazgul, Tolkien doveva avere cambiato a un certo punto idea: nel Signore degli Anelli i Nazgul sono in grado di muoversi a loro piacimento; resta però l’ostacolo creato dall’Acqua, che non subisce modifiche rilevanti, come dimostra la decisione del Nazgul di arrestarsi al limitare dell’argine del Brandivino.

Nella Seconda Era, tuttavia, sappiamo per certo che Sauron aveva un corpo ben visibile, del quale peraltro si serviva per essere più accattivante: è logico ritenere, dunque, che sulla scorta di quanto accadeva al loro Padrone, anche i Nazgul potessero mostrare il proprio corpo agli Uomini? Prima di rispondere a questa domanda, consideriamo il brano del SdA nel quale Frodo viene attaccato a Colle Vento dopo essersi messo l’Anello.

Immediatamente le forme divennero chiarissime, benché tutto il resto rimanesse tenebroso e scuro. Egli riusciva a vedere al di sotto dei manti neri […] Nei loro visi bianchi fiammeggiavano occhi penetranti e spietati; sotto le cappe, portavano un abito lungo e grigio, e sui capelli grigi, un elmo d’argento; le loro mani scarne stringevano spade d’acciaio. SdA, La Compagnia dell’Anello, p. 275

Sembra dunque, che agli occhi di Frodo (e anche di Glorfindel che, come spiegherà Gandalf alcune pagine dopo, aveva potere sia sui Visibili che sugli Invisibili), i Nazgul assumano le sembianze di uomini anziani (capelli grigi, mani scarne ecc.) Probabilmente, l’ultima immagine del loro corpo mortale prima di scivolare nelle Ombre (e ancora non possiamo escludere che ci fossero donne fra di loro. Frodo ne vede solo cinque, degli altri quattro non abbiamo alcun tipo di descrizione, neppure sommaria). Dobbiamo dunque dedurre che questo fosse il loro vero aspetto?

Consideriamo un ultimo fattore: Sauron perde la capacità di assumere forma mortale piacevole a vedersi dopo la caduta di Numenor; e se anche i Nazgul avessero subito in qualche modo gli effetti della limitazione imposta al loro Padrone? Se così fosse, ciò significherebbe che negli anni precedenti avrebbero potuto mostrare anche altri aspetti, proprio come il loro padrone, riformando il loro corpo con la loro forza di volontà (e la magia nera, naturalmente). Impossibile, dite? Eppure, è lo stesso Tolkien a spiegare che la lama dei Tumuli di Merry era riuscita ove altre lame meno potenti avevano fallito, ossia rompere «l’incantesimo che permetteva [al Re Stregone] di rimarginare i propri tendini invisibili con la sola forza del volere» SdA, Il Ritorno del Re, p. 139.

Per questa ragione, nei miei racconti, i Nazgul sono in grado di muoversi sia nel mondo dei mortali, che di mostrarsi nella loro forma immortale per atterrire i loro nemici. Una capacità che, come leggerete, li renderà ancora più pericolosi e spietati.

Suggerimenti di lettura:

Er-Murazor, il Primo dei Nove

Khamul, il Secondo, l’Ombra dell’Oriente.

Dwar di Waw, il Terzo, il Signore dei Cani

Indur, la Morte dell’Alba, il Quarto

Akhorahil, il Re Tempesta, il Quinto

Hoarmurath di Dir, il Re del Ghiaccio, il Sesto.

Adunaphel l’Incantatrice. La Settima

Ren il Folle, l’Ottavo

Uvatha, il Cavaliere, il Nono

Storia di Numenor – III parte

Il ventesimo sovrano di Numenor, Ar-Adunakhor, si differenziò dai suoi precedessori perché fu il primo re che scelse di assumere la corona con un titolo non più in lingua elfica, ma in quella adunaica, la favella originariamente parlata dagli Uomini e dunque considerata più vicina alle istanze “nazionalistiche” sostenute ormai dalla maggior parte dei Numenoreani. Inoltre – fatto ancora più grave – il titolo che assunse significava «Signore dell’Ovest», che sino a quel momento era solito indicare solo uno degli dei (Valar), ossia Manwe. Dopo di lui i Fedeli tornarono per qualche tempo a sollevarsi, tuttavia, sotto il regno di Ar-Gimilzor, ventitreesimo sovrano di Numenor, la situazione volse nuovamente al peggio: secondo Tolkien «fu il massimo avversario dei Fedeli che erano tornati a sollevarsi […] e non permise a nessuno degli Eldar (elfi) di metter piede nel paese e punì quanti li accoglievano» (p. 305). Il suo matrimonio fu infelice, perché sua moglie era del partito dei Fedeli: tale discordia fu in qualche modo ereditata dai due figli che la coppia ebbe: mentre il maggiore era simile alla madre nel carattere, il secondo si ispirava ai desideri del padre. Fortunamente per Numenor, neppure Ar-Gimilzor volle (o poté) cambiare le leggi dello Stato: lo scettro venne dunque assegnato al figlio maggiore, chiamato Tar-Palantir. La legittima successione, tuttavia, non piacque ai Numenoreani ostili ai Fedeli: così scoppiò una guerra civile che vide però la vittoria di Tar-Palantir. Erfea e Miriel, protagonisti del “Ciclo del Marinaio”, nascono proprio durante il regno di Ar-Gimilzor: entrambi Fedeli, devono confrontarsi con il disprezzo degli altri nobili di Numenor e del sovrano stesso, ostili non solo agli Elfi, ma anche a quelli dei Numenoreani che si schieravano dalla loro parte.

Tar-Palantir fu il penultimo sovrano del regno: cercò di convincere i suoi connazionali a pentirsi, ma la maggior parte scelse il partito del re capeggiato da suo fratello Gimilkhad; alla sua morte, il nuovo leader dei “Nazionalisti” fu suo figlio Ar-Pharazon: questi sposò Miriel contro la sua volontà e, convinto che non esistesse al mondo nessuna forza militare in grado di opporsi a quella di Numenor, decise di umiliare Sauron. Alla vista dell’imponente armata numenoreana, Sauron ritenne più utile ai suoi piani sottomettersi al sovrano che tentare una resistenza; catturato, fu portato come prigioniero a Numenor, ove, però, con il trascorrere degli anni, instillò nei cuori dei Numenoreani il terrore della morte, arrivando a far credere loro che l’unico dio degno di essere onorato fosse il suo antico maestro Morgoth. A questo scopo i Numenoreani iniziarono a praticare sacrifici umani, volgendosi all’adozione del Male: da allora, coloro che non erano Fedeli, furono chiamati Numenoreani Neri, perché praticavano le arti oscure.

Ma neppure questo bastava a soddisfare la sete di vendetta di Sauron: avvertendo che Ar-Pharazon, ormai in età avanzata, cominciava a essere preoccupato per la sua morte ormai imminente, decise di “rivelargli” una colossale menzogna, alla quale, tuttavia, il re credette senza porla in discussione. Secondo Sauron, l’immortalità non era connessa alla “genetica umana” (diremmo noi oggi), bensì alla possibilità di risiedere o meno nelle Terre abitate dagli elfi e dagli dei. Ar-Pharazon, allora, diede ordini affinché la sua flotta potesse invadere le terre degli immortali.

Anche l’ultimo divieto era ormai caduto.

Una grande flotta partì allora verso Valinor e i guerrieri Numenoreani sbarcarono sulle sue coste. Allora gli dei rinunciarono per alcuni istanti al controllo del mondo e lo rimisero nelle mani del loro creatore, Eru-Iluvatar: questi punì l’arroganza dei Numenoreani seppellendo Ar-Pharazon e i suoi guerrieri nelle Caverne dell’Oblio, da dove, secondo la leggenda, si sarebbero risvegliati solo in occasione della Fine del Mondo.

Numenor, invece, fu totalmente distrutta dall’ira di Eru-Iluvatar: si salvarono solo i Fedeli, guidati da Elendil, e i Numenoreani Neri che abitavano nelle colonie della Terra di Mezzo: tutti gli altri perirono. Lo stesso Sauron – che pure era consapevole della reazione durissima che ci sarebbe stata – fu schiantato da un fulmine e precipitato sul fondo dell’Oceano: potè tornare a Mordor dove riprese la sua forma e forza solo grazie all’Unico Anello in suo possesso. In seguito alla caduta di Numenor, tuttavia, Sauron non fu più in grado di assumere forma piacevole a vedersi e da quel giorno in poi il suo aspetto fu terribile.

Termina così la storia di Numenor: spero di essere riuscito nel mio intento, quello cioè di delineare una cornice chiara alla quale fare riferimento per collocare gli eventi dei racconti ambientati nella Seconda Era.

Storia di Numenor – II parte

La situazione iniziò a cambiare durante gli anni del governo di Tar-Minastir, undicesimo sovrano di Numenor: egli, secondo Tolkien, amava gli elfi, ma li invidiava. Fu Tar-Minastir a soccorrere gli Eldar durante la prima guerra contro Sauron e a sgominare la sua armata nell’anno 1700, salvando così la Terra di Mezzo dal dominio dell’Oscuro Signore e assicurandosi, tuttavia, odio eterno da parte di Sauron, che giurò di vendicarsi sui Numenoreani. Suo figlio Tar-Ciryatan iniziò la costruzione di una grande flotta per opprimere le popolazioni delle Terra di Mezzo: laddove i Numenoreani si erano comportati da consiglieri e amici, divennero spietati conquistatori e razziatori. L’influenza di Numenor, nei secoli successivi, si accrebbe sino ad abbracciare tutte le coste non solo della Terra di Mezzo (chiamata in elfico Endore), ma anche degli altri continenti che costituivano il mondo di Tolkien e dei quali, tuttavia, poco si parla nei suoi scritti: Le Terre Oscure (Morenore) e le Terre dell’Aurora (Romenore). La cartina sopra illustrata, in realtà, presenta un grosso errore: si riferisce in realtà all’influenza di Numenor nella Seconda Era, e non nella Terza, come erroneamente riportato.

Durante il regno di suo figlio Tar-Atanamir, si verificò un importante cambiamento: come scrive Tolkien nei “Racconti incompiuti”, infatti, «durante il tempo suo, l’Ombra piombò su Numenor; e il Re e coloro che ne facevano propria la sua visione delle cose, parlavano apertamente contro il bando dei Valar, e i loro cuori erano ostili a questi e agli Eldar; ma non dismisero la saggezza, continuarono a temere i Signori dell’Ovest e non li sfidarano» Risale, dunque, a questa epoca la suddisione fra i Fedeli e gli Uomini del Re, che sarebbero poi divenuti noti come Numenoreani Neri. Per questa ragione ho immaginato che Er-Murazor, il primo dei Nazgul, fosse un fratello di Tar-Atanamir, perché il suo regno rappresentò una svolta negativa nella storia di Numenor: e chi, meglio di un principe numenoreano corrotto dal Male, avrebbe potuto simboleggiare meglio questo tragico cambiamento?

Il peggio, tuttavia, doveva ancora venire…

Leggi anche:

Storia di Numenor – III parte

 

Storia di Numenor: un’introduzione – I parte

Dopo aver aperto questo blog mi sono reso conto che volevo evitare che trasmettesse solo cognizioni approfondite sulla Seconda Era; in altre parole, mi preme far sì che i temi qui trattati possano interessare anche quelli che hanno dell’universo tolkieniano solo una conoscenza parziale, magari dovuta alla visione delle trilogie cinematografiche del Signore degli Anelli o dell’Hobbit o alla lettura delle opere omonime.

Inizierò dunque dal principio: i Numenoreani, gli abitanti della grande isola di Numenor, chiamati anche Dunedain, sono gli antenati di Aragorn e della sua gente. Nella trilogia cinematografica del Signore degli Anelli se ne parla brevemente all’inizio, quando vengono mostrate le immagini della battaglia della Dagorlad e la sconfitta di Sauron. Molti degli uomini che strinsero alleanza con gli Elfi erano numenoreani e, in particolare, lo erano Elendil e suo figlio Isildur.

Chiarito questo aspetto, in questo articolo cercherò di spiegare perché Elendil e la sua gente si trovarono coinvolti nella grande guerra contro Sauron.

I Numenoreani erano uomini ai quali i Valar, cioè gli dei, avevano concesso una vita più lunga del normale (circa tre volte quella di un uomo della Terra di Mezzo, ossia 210-240 anni), una capacità di invecchiamento più lenta e una maggiore forza e bellezza. Erano stati, in un certo senso, resi più simili agli Elfi. Perché questo dono, si chiederanno alcuni?

Non si era trattava di una scelta causale, nè di un capriccio: i Valar, al contrario, avevano deciso di premiare quegli uomini e quelle donne che avevano combattuto durante la Prima Era contro Morgoth, il “maestro” di Sauron e che al termine del conflitto erano stati duramente provati.

Per queste persone i Valar innalzarono una grande isola dalle profondità del mare – Numenor – e la resero più bella di tutte le Terre degli uomini: gli Eldar (cioè gli Elfi) accorrevano frequentemente da Valinor (la residenza degli elfi e degli dei) per recare con loro doni e i frutti della scienza di Valinor che presto avrebbero reso i Numenoreani signori degli uomini.

Ai Numenoreani, tuttavia, era stato imposto un divieto: non dovevano mai veleggiare verso Ovest, ossia in direzione di Valinor. All’origine di questo divieto si deve immaginare che la vista delle Terre ove avevano dimora gli immortali Elfi e i Valar avrebbe potuto scatenere l’invidia dei Numenoreani, i quali, invece, restavano pur sempre mortali. Va anche detto, tuttavia, che l’immortalità legava gli Elfi alle sorti del Mondo materiale, mentre gli Uomini, la cui anima dopo la morte finiva in un luogo ignoto a tutti, si liberavano dalla materia ed erano liberi. Per questa ragione, per oltre 1600 anni, i Numenoreani guardarono alla morte come un “dono”, anziché una punizione. Essi, in qualche modo, sapevano quando la loro ora era prossima e si addormentavano in un lungo sonno che li conduceva al decesso.

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Storia di Numenor – II parte

Storia di Numenor – III parte

La geopolitica di Numenor: le casate reali dell’Isola dell’Ovest.

Gli Istari Blu

(Immagine: https://www.facebook.com/notpill/?hc_location=ufi)

Nel primo film della trilogia dell’Hobbit girata da Peter Jackson avviene un breve scambio di battute fra Bilbo e Gandalf: l’argomento della conversazione sono gli Stregoni, ossia gli Istari presenti nella Terra di Mezzo. È uno dei passaggi che ho apprezzato maggiormente perché nella trilogia cinematografica del Signore degli Anelli la questione non era stata affatto toccata: gli spettatori (non i lettori) erano così usciti dalle sale cinematografiche con le idee poco chiare su Gandalf e Saruman; è vero che nella Compagnia dell’Anello Gandalf accennava a un “capo del suo ordine” (ossia Saruman) ma poi questo argomento non veniva più toccato e la questione restava avvolta nel mistero…

Torniamo però al primo film dell’Hobbit: quando Bilbo chiede a Gandalf se ci sono altri come lui in giro per la Terra di Mezzo, questi inizia la sua risposta citando per i primi i due stregoni blu: con grande sincerità, egli ammette di non vederli da così tanto tempo da aver perfino dimenticato i loro nomi.

Effettivamente degli Stregoni Blu si conosce davvero poco: anche nel libro del Signore degli Anelli, l’unico che vi accenni qualcosa è Saruman, il quale, facendosi beffe di Gandalf, gli chiede se vuole ottenere i cinque bastoni degli Istari, lascendo intendere che, oltre a lui, il suo interlocutore e Radagast, vi siano altri due stregoni, che però non sembrano avere alcun ruolo evidente nelle storie di quei giorni.

Un capitolo intitolato “Gli Istari”, pubblicato nel volume “I Racconti incompiuti”, tuttavia, offre al lettore un quadro abbastanza approfondito della vicenda: gli Istari, come è già stato chiarito nelle appendici del Signore degli Anelli, compaiono verso l’anno mille della Terza Era nella Terra di Mezzo. Essi provengono da Valinor e sono in realtà Maia incarnati, ossia spiriti angelici che hanno preso sembianze umane: invecchiano molto più lentamente rispetto alle altre creature della Terra di Mezzo, non devono (o non dovrebbero) ambire al dominio sui Popoli Liberi, essendo il loro compito quello di ispirare atti di resistenza contro Sauron, il quale proprio negli stessi anni iniziava a riprendere il suo oscuro potere. In questo capitolo si legge che «quanto al Blu, poco se ne sapeva all’ovest, e non avevano altri nomi se non Ithryn Luin, “gli Stregoni Blu”; essi infatti si recarono all’Est con Curunir (ossia Saruman, NdA), ma mai ne tornarono e si ignora se vi rimasero, perseguendo gli scopi per cui erano stati inviati, o se perissero o, come alcuni ritengono, fossero accalappiati da Sauron e ne divenissero servi» (pp. 515-516). Da un abbozzo narrativo di Tolkien, sappiamo che i cinque Istari furono scelti dai Valar per recarvisi nella Terra di Mezzo: qui scopriamo che i due Stregoni Blu avevano nome Alatar e Pallando e che, su indicazione del vala Orome, si erano recati nelle zone più remote della Terra di Mezzo.

Perché ne scrivo allora in questo blog, che si riferisce principalmente a storie e vicende della Seconda Era? La risposta sta, ancora una volta (cfr. Post Scriptum su Miriel) nel volume inedito in Italia “The peoples of Middle-Earth”: qui Tolkien stravolge completamente l’origine degli Stregoni Blu. In questa nuova versione, essi non sarebbero più arrivati alla Terra di Mezzo insieme a Saruman, Gandalf e Radagast, ma nella Seconda Era, più o meno nell’anno 1600, (insieme a Glorfindel, unico elfo ad aver fatto ritorno alla Terra di Mezzo dopo essere stato ucciso durante la fuga da Gondolin), la stessa epoca nella quale Sauron raggiungeva l’apice del suo potere, grazie alla forgiatura degli Anelli. Divennero noti come Morinehtar e Rómestámo, “Cacciatore di tenebre” e “Aiutante dell’Est”, e riuscirono a impedire alle forze dell’Oriente di superare numericamente quelle dei Popoli Liberi in Occidente: il loro compito fu, dunque, quello di soccorrere le poche popolazioni orientali che non si erano sottoposte a Sauron, cercare il suo nascondiglio dopo la sua prima caduta alla fine della Seconda Era (missione nella quale, evidentemente, fallirono) e scongiurare, durante la Terza Era, la vittoria dell’Oscuro Signore, soccorrendo, ancora una volta, quelle popolazioni dell’Est ribelli al potere di Sauron.

Questi elementi, per quanto scarni e mai sviluppati organicamente dall’autore, aprono tuttavia scenari suggestivi per chi volesse scrivere una storia dell’Oriente della Terra di Mezzo e ci restituiscono, ancora una volta, in perfetta sintonia con il pensiero di Tolkien, una visione meno manicheista degli Uomini rispetto a quella, un po’ troppo superficialmente suggerita dalla trilogia di Peter Jackson, che vedrebbe l’Occidente contrapposto in toto a un Oriente corrotto e senza speranza.

Er-Murazor, il Primo dei Nove

Il secondo figlio di Tar-Ciryatan, dodicesimo re di Numenor, aveva nome Er-Murazor e divenne uno degli Uomini più potenti e influenti dell’isola. Egli nacque nel 1829 S.E. nella città portuale di Andunie, durante un’eclissi solare: gli fu dato nome Tindomul (in Quenya “Figlio della Doppia Luce”), sebbene quelli della corte di Tar-Ciryatan, ostili agli Elfi, preferissero chiamarlo con il nome adunaico di Er-Murazor (il Principe Nero).

Er-Murazor era il fratello più giovane di Atanamir il Grande, che presto sarebbe divenuto re, ed era simile al fratello nel carattere: sostenne le ambizioni del padre e insisté per aumentare lo sfruttamento della Terra di Mezzo; era superbo, avido e ambizioso, come il fratello e il padre allo stesso tempo; tuttavia, poiché era stato escluso dalla successione al trono, non riuscì a ottenere il favore e l’attenzione che erano concessi ad Atanamir. Er-Murazor divenne geloso dell’erede dello scettro e la gelosia presto si tramutò in odio e ambizione irrefrenabile. L’avidità consumò lo spirito del Numenoreano, cosicché nel 1880 S.E., il Principe Nero raccolse una piccola flotta e si diresse verso i lidi della Terra di Mezzo, onde stabilire un proprio dominio su quelle regioni. Il suo primo attracco avvenne a Lond Daer, nel Sud dell’Eriador, alle foci del Gwathlo: Er-Murazor e il suo esercito presero a controllare la regione, con l’intenzione di impadronirsi del porto. Il suo tentativo, tuttavia, non ebbe successo, ed egli mosse verso Umbar; in seguito a una serie di scontri, Er-Murazor stabilì il suo dominio su quelle regioni, con grande dispiacere di suo fratello. Tar-Ciryatan ordinò allora al suo secondogenito di rendere il proprio tributo a Numenor, e il Principe Nero, prontamente, rifiutò.

L’Oscuro Signore seppe del rancore di Er-Murazor nei confronti della sua antica patria e della sua paura per la morte; egli sfruttò tali debolezze e lo convinse di essere depositario di un sapere ignoto ai saggi di Numenor, con il quale il principe sarebbe divenuto invincibile. Nel 1883 S.E. Er-Murazor si recò presso Barad-Dur, divenendo un discepolo di Sauron; nei successivi centocinquanta anni studiò le Arti Oscure e divenne uno stregone molto potente, al punto che egli non aveva rivali nella Terra di Mezzo, a eccezione dello stesso Maia caduto, il quale ben presto fece del suo allievo il primo capitano delle armate di Mordor. Nell’anno 1998 S.E., Er-Murazor promise piena fedeltà al suo signore e ricevette il più potente degli Anelli del Potere degli Uomini: il primo dei Nazgul, il Principe Nero, divenne noto come il Re Stregone e il Signore di Morgul.

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Suggerimenti di lettura:

I Nazgul

Khamul, il Secondo, l’Ombra dell’Oriente.

Dwar di Waw, il Terzo, il Signore dei Cani

Indur, la Morte dell’Alba, il Quarto

Akhorahil, il Re Tempesta, il Quinto

Hoarmurath di Dir, il Re del Ghiaccio, il Sesto.

Adunaphel l’Incantatrice. La Settima

Ren il Folle, l’Ottavo

Uvatha, il Cavaliere, il Nono

Post-scriptum su Miriel

Proprio poche ore dopo aver pubblicato il mio articolo su Miriel, ho trovato un interessante sito http://tolkiengateway.net/wiki/ che mi ha permesso di scoprire un «retroscena» della concezione della figura dell’ultima principessa numenoreana negli scritti tolkieniani. Ignoravo, infatti, che lo stesso Tolkien avesse abbozzato una figura maschile alternativa a quella di Ar-Pharazon…e con mio grande stupore e piacere, ho scoperto che si trattava di un altro membro della famiglia reale, proprio come Erfea!

Il suo nome era Elentir e avrebbe dovuto essere il fratello di Amandil, padre del più noto Elendil e nonno di Isildur e Anarion. Nei quattro abbozzi della storia di questo personaggio – pubblicati all’interno del volume “The Peoples of Middle-Earth. The History of Akallabeth” – Elentir è presentato come innamorato di Miriel: a seconda delle diverse versioni, tuttavia, egli non è corrisposto, o lo è solo inizialmente, o, ancora, finisce per essere rifiutato da Miriel, che cede alle lusinghe di suo cugino. Nel suo ultimo abbozzo, tuttavia, Tolkien abbandonò questo personaggio e modificò la storia di Miriel nella versione presentata nel Silmarillion, preferendo che la principessa numenoreana fosse costretta a sposare suo cugino Ar-Pharazon: stando così le cose, Elentir non aveva più ragione d’esistere e fu cancellato dalla Storia.

Al di là di questa interessante scoperta (mi rammarico che non tutti i volumi della “History of Middle Earth” siano stati tradotti in italiano), ciò che mi ha piacevolmente colpito è che Tolkien avesse immaginato un ruolo più complesso per Miriel e, soprattutto, l’esistenza di un personaggio maschile innamorato di lei, da contrapporre al perfido Ar-Pharazon. Ho così il sospetto che, in fondo, gli avrebbe fatto piacere scoprire che qualcuno abbia ripreso e sviluppato la sua idea…e che il principe Erfea avrebbe riscosso la sua simpatia e approvazione. Un buon viatico per proseguire nella creazione di nuove storie!

Una rosa nel vento – Miriel

La più bella delle Numenoreane. Miriel

Illustrazione – L’eroismo di Miriel

Ritratti – Miriel ed Erfea…e un nuovo racconto

Storia di Miriel – Una profezia infausta?Uccidete Miriel!

Storia di Miriel – Una promessa mancata

Storia di Miriel – Un’ascesa al trono contrastata

Storia di Miriel – La minaccia di Pharazon

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Miriel

Miriel

Miriel, unica figlia di Tar-Palantir, re di Numenor e di Tar-Silwen, sua sposa, nacque ad Armenelos, la capitale del grande regno degli uomini dell’Ovest, nell’anno 3117 della Seconda Era. Era ritenuta la più bella donna della sua epoca, dotata di una capigliatura bionda (insolita fra i Numenoreani) e degli occhi chiari comuni fra la sua gente. Così è descritta nel Ciclo del Marinaio:

La sua bellezza era simile alla chiara notte estiva, quando alta splende Ithil sulle bianche montagne di Avallone; luminosa era in lei la bianca luce di Earendil, ché era nata durante la notte di mezza-Estate, quando Vingilot lasciava cadere le sue lacrime argentate sulle terre dei mortali. […] Molti furono coloro che si chiesero se Lorien non avesse confuso le loro menti mortali, mostrando la bellezza di Varda, sposa di Manwe e regina dei Valar, ché mai si era visto in quel luogo un simile chiarore, uguale a quello emanato dalle più nobili stelle del creato. Assorti, ciascuno nel proprio silenzio, i presenti non riuscivano a distogliere il loro sguardo dal viso della principessa, mentre i pensieri vagavano confusi e commossi da tanta bellezza.

Era perciò imparentata alla lontana con Erfea, essendo questi erede della linea di Atanalcar, quarto e ultimo figlio di Elros Tar-Minyatur, mentre lei discendeva dal figlio primogenito del primo re di Numenor, Vardamir Nolimon. I due si incontrarono per la prima volta nel 3132 nei giardini di Armenelos. Le tragiche vicende della sua vita la rendono uno dei personaggi più commoventi della Seconda Era.

Nel Silmarillion, infatti, Tolkien spiega come ella, alla morte del padre, fosse stata costretta a sposare suo cugino Ar-Pharazon, contro la sua volontà e contro la legge di Numenor, che proibiva matrimoni fra consanguinei. Un’altra breve nota descrive la sua morte, avvenuta durante la Caduta. Altri dettagli sulla sua vita non sono noti.

Per questa ragione ho deciso di farne uno dei personaggi principali dei miei racconti: mi aveva affascinato questa principessa, costretta a sposare un uomo caratterialmente e politicamente diverso da lei, che invece apparteneva ai Fedeli, cioè ai Numenoreani che continuavano a venerare i Valar e a rispettare gli Eldar. Volevo capire, inoltre, perché era avvenuto il suo matrimonio: certamente per rendere la posizione del nuovo re più forte agli occhi dei suoi sudditi, ma questa spiegazione nulla diceva a proposito di Miriel stessa. Come aveva vissuto questo legame? Aveva amato qualcuno prima di sposare suo cugino? Ho così tentato di immaginare la vita giovanile di Miriel, negli anni che precedettero la morte del padre: l’incontro con Erfea rappresenterà per lei la speranza di un cambiamento possibile che sarà destinato però al fallimento e alla rovina, rispettando così la successione degli eventi del Silmarillion.

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Il Ciclo del Marinaio

Il ciclo del marinaio, ispirato alle vicende narrate nei Racconti Incompiuti e nel Silmarillion di J.R.R. Tolkien, è l’affresco della storia della grande isola di Numenor, dalla sua ascesa alla gloria sino alla sua caduta; testimone e insieme artefice degli eventi della sua epoca è il principe Erfea, del quale il libro presenta le eroiche e sovente dolorose vicende.

Dalla nascita sino alla morte, nell’arco della sua lunga esistenza, Erfea avrà modo di interagire con i personaggi già noti al pubblico amante dell’epica tolkieniana: Sauron, l’Oscuro Sire di Mordor; i suoi crudeli servi, gli Spettri dell’Anello e il loro malvagio capitano, il Re Stregone; i saggi elfi, tra cui spiccano Elrond e Galadriel; i valorosi nani di Moria e altri ancora.

Omaggio alla voluminosa opera dello scrittore inglese, Il Ciclo del marinaio costituisce anche una rivisitazione dell’epos cavalleresco e classico, approfondendo la psicologia dei protagonisti e non mancando di sottolinearne le contraddizioni e le profonde inquietudini, servendosi di un linguaggio antico per trattare le universali tematiche della nostra civiltà e della nostra epoca.

Qualche consiglio utile per la lettura: se sei interessata/o a scoprire quale sia stata la genesi del mio romanzo, «Il Ciclo del Marinaio», ti suggerisco di leggere questi due articoli: In principio era…Othello, ovvero come nacque il Ciclo del Marinaio e …e arrivò il Marinaio! Corto Maltese, Aldarion ed Erfea.
Se, invece, preferisci addentrarti subito nella lettura dei vari racconti, puoi sfogliare le categorie che si riferiscono ai vari racconti, iniziando dall’articolo più in alto nella cronologia per finire a quello più recente. Per aiutarti nella lettura di questi racconti e agevolare la comprensione di nomi ed eventi notevoli, ti consiglio di leggere questi articoli: Cronologia della vita di Erfea e dei racconti del Ciclo del Marinaio e Dizionario dei personaggi de «Il Ciclo del Marinaio».
Infine, se vuoi apprezzare altre immagini come quella posta in evidenza in questo articolo, ti invito a dare un’occhiata alla categoria «Illustrazioni».
Per approfondire aspetti legati al pensiero e alle opere di Tolkien, puoi leggere gli articoli presenti nella categoria «Personaggi, luoghi e storie delle opere di Tolkien»; se hai apprezzato le versioni cinematografiche de «L’Hobbit» e del «Signore degli Anelli», ti suggerisco la lettura degli articoli inclusi nella sezione «Settima Arte».
Resto a tua disposizione per qualunque informazione e ti auguro buona lettura!