Chi è il Negromante?

Confesso che si tratta di un titolo provocatorio, naturalmente. La risposta, infatti, appare scontata, se non banale: il Negromante è uno dei tanti nomi che, nel corso delle Ere, sono stati adoperati per denominare Sauron, l’Oscuro Signore. Più precisamente, questo appellativo si riferisce alla sua forma spirituale durante buona parte della Terza Era, grosso modo dall’anno 1000 sino agli eventi narrati nell’Hobbit, millenovecento anni più tardi. In quel periodo Sauron si era rifugiato a Dol Guldur, una fortezza situata nel cuore della Grande Foresta della Terra di Mezzo, nel duplice obiettivo di riacciuffare tutti gli Anelli, (a partire dall’Unico), che ancora gli sfuggivano, e condurre una politica aggressiva nei confronti dei Popoli Liberi.

Questo piccolo riassunto della biografia di Sauron nella Terza Era è stato ripreso abbastanza fedelmente anche nella Trilogia cinematografica dell’Hobbit, anche se con alcuni cambiamenti, che però, in questa sede, ci interessano relativamente: ciò che conta è che l’equazione Negromante=Sauron è piuttosto palese sia nel Signore degli Anelli che nei film diretti da Peter Jackson.

Se però leggiamo lo Hobbit, la realtà appare un po’ diversa e, per certi versi sorprendente.

Il Negromante compare abbastanza presto nella narrazione: mentre Gandalf consegna la chiave di Erebor a Thorin, infatti, non può fare a meno di spiegargli come ne sia venuto in possesso. Viene così fuori la storia della sua missione nelle segrete di Dol Guldur – missione che, almeno nell’Hobbit, risulta particolarmente oscura e sulla quale lo stesso stregone è restio a fornire ulteriori dettagli – durante la quale un nano moribondo e ormai folle gli consegnò una chiave e una mappa, nella speranza che così facendo sarebbero potute arrivare nelle mani di suo figlio, ossia Thorin. La reazione dei nani è di puro orrore: il Negromante è conosciuto anche dai figli di Durin e la rabbia di Thorin, che apprende finalmente il destino ultimo del padre, dato per disperso tanti anni prima, è però subito messa a tacere da Gandalf, il quale, senza fornire ulteriori dettagli, lo dissuade dal muovere guerra contro il Negromante, perché sarebbe al di sopra della forza di tutti i Nani, anche se fossero riuniti da ogni angolo del vasto Mondo.

Del Negromante, in realtà a parte un breve accenno a metà dell’opera – quando Gandalf sconsiglia i nani dal prendere qualsiasi strada che attraversi Bosco Atro e che sia vicina alle nere torri di Dol Goldur – se ne riparla solo al termine della vicenda, quando Bilbo scopre i motivi che avevano spinto Gandalf ad abbandonare la compagnia di Thorin in un momento così cruciale, come l’attraversamento della grande foresta. Lo stregone, infatti, coadiuvato da un consiglio di maghi bianchi, aveva snidato il Negromante dalla sua tana, costringendolo a fuggire. Segue un breve scambio di battute tra Gandalf ed Elrond, nel quale entrambi si augurano di non avere notizie per un bel pezzo del Negromante, pur sapendo che questo è poco più di un auspicio. Fine. Del Negromante non si parlerà più; o meglio, nel Signore degli Anelli, verrà chiarito che Sauron e Negromante sono la stessa entità.

Meno noto, invece, è un passaggio dell’Hobbit, nel quale accennando brevemente alle origini del magico Anello che possiede la creatura chiamata Gollum, l’autore lascia cadere – quasi per caso – queste parole: «Ma chi sa in che modo Gollum era entrato in possesso di quel regalo, tanto tempo addietro, ai vecchi tempi in cui anelli come questo erano ancora diffusi nel mondo? Forse neanche il Signore che li dominava avrebbe potuto dirlo» [Hobbit, p. 101].

Emerge qui una figura che rappresenta un unicum nella storia della Terra di Mezzo: un artefice, quasi imperscrutabile, al di là del bene e del male, interessato solo alla sua Arte di forgiatore, che non è possibile identificare, in nessun modo con il Negromante. Quando ero un ragazzino – perdonate la digressione autobiografica – mi faceva venire in mente il mago maestro di Topolino nel celebre episodio dell'”Apprendista Stregone” del film d’animazione Fantasia: l’osservavo mentre, chino su un teschio (dettaglio abbastanza macabro, in verità) evocava una bellissima farfalla colorata, per poi disfarla. Ho sempre ritenuto che questo mago non fosse nè buono, nè cattivo: dava infatti l’impressione di essere solo interessato alla sua arte, senza porsi problemi etici di alcun genere.

Tornando alla questione principale, manca, infatti, una connessione chiave che sarà poi introdotta negli scritti successivi di Tolkien, e cioè che Sauron, nei panni del Negromante, aveva catturato Thrain per un motivo ben preciso, ossia quello di prendergli l’ultimo degli Anelli dei Nani che ancora sfuggivano al suo controllo. D’altra parte, l’Unico Anello, nell’Hobbit, non è associato a nessuna forma esplicita di malvagità, ed è questo un ulteriore elemento di sorpresa: l’unico riferimento che possiamo trovare in merito a un suo effetto collaterale pernicioso è l’irritazione che provoca alla pelle di Gollum, ma niente di più; l’aspetto orribile di Gollum e la ragione della sua lunga vita non sono messe in correlazione con l’Unico. In fondo, riflettendoci bene, i poteri dell’Anello sono quelli che potremmo definire di magia neutrale: rende invisibili, è vero, ma lo fa in modo indiscriminato, tant’è vero che Bilbo e Gollum, nonostante la diversità di carattere e di indole, ne sono “colpiti” allo stesso modo; permette all’hobbit di comprendere il linguaggio dei ragni, che sono creature malvagie, è vero, ma si può definire un atto deplorevole in sè conoscere la lingua nera? Certamente no, visto che anche Gandalf ed Elrond la conoscono e possono (all’occorrenza, certo, e con prudenza) adoperarla. Altri effetti “collaterali” dell’Anello non sono presentati nell’Hobbit: gli stessi Nani, quando Bilbo racconta loro del prezioso oggetto trovato nelle caverne delle Montagne Nebbiose, sono curiosi ed eccitati dalla notizia, ma nessuno di loro, neppure Balin suo grande amico, ritiene di dover mettere in guardia Bilbo dall’uso continuativo dell’Anello; nello stesso epilogo del romanzo, Tolkien si limita a precisare che Bilbo fece un uso appropriato dell’Anello, usandolo per sfuggire a parenti e visitatori antipatici.

Sauron, quanto meno sotto forma di Tevildo signore dei Gatti, era già presente nel mondo della Terra di Mezzo quando Tolkien scrisse il romanzo dell’Hobbit: sarebbe interessante, tuttavia, cercare di comprendere se all’origine del Signore degli Anelli – così come viene descritto nella storia di Bilbo – vi fosse un’entità malvagia (Sauron/Tevildo) o se questi fosse ancora slegato dal continuum della Terra di Mezzo allorché Tolkien scrisse lo Hobbit.

Suggerimenti di lettura:

Ritratti – Annatar, il Signore dei Doni

Dizionario dei personaggi de «Il Ciclo del Marinaio»

Akhallabeth – Scena V ed ultima. Il discorso di Sauron ai Numenoreani il giorno di Mezza Estate

Akhallabeth – Scena IV – Le tentazioni di Sauron

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Sauron: un antagonista svilito?

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Il Ciclo del Marinaio