Una vittima di fake-news? Balin e la fallita riconquista di Moria

Dal momento che il prossimo racconto del «Ciclo del Marinaio» sarà ambientato a Khazad-Dum, ho pensato di dedicare questo articolo a uno dei nani più importanti della linea di Durin, lo sfortunato Balin, cugino di Thorin Scudodiquercia e primo signore di Moria dopo che i nani fuggirono via dalla loro ancestrale dimora nel 1981 della Terza Era, spaventati dal risveglio del Balrog.

Balin dimostra fin dal principio dello «Hobbit», romanzo nel quale appare per la prima volta, una grande umanità e disponibilità a collaborare con Bilbo: è l’unico nano, infatti, al quale l’hobbit si rivolge senza adoperare la consueta formula di saluto che adotta con gli altri nani (Bilbo Baggins servo vostro). Scioccato dall’apparizione di quegli ospiti non previsti nella sua casa, Bilbo risponde al suo saluto con un semplice «grazie». Balin, tuttavia, non sembra prendersela a male: per avere un’idea di paragone con la reazione di un altro nano, ossia Thorin, considerate che al suo arrivo Bilbo dovette scusarsi «tante di quelle volte che alla fine egli grugnì un «per favore, non importa», e spianò il suo cipiglio» (Lo Hobbit, p. 23).

Al termine della fuga dalle Montagne Nebbiose, Bilbo, che è riuscito a sgaiattolare dinanzi alla guardia di Balin grazie ai poteri dell’Anello, ha modo di chiudere l’imbarazzante scenetta che l’aveva visto protagonista durante il primo incontro con questo nano. «Be’, è la prima volta che perfino un topo mi è passato proprio sotto al naso facendo attenzione e in silenzio, senza che io l’abbia avvistato» disse Balin «e ti faccio tanto di cappello». E così fece. «Balin al vostro servizio» disse. «Baggins, servo vostro» disse Bilbo (Lo Hobbit, p. 113). Anche in questo caso, come si può notare, Balin non reagisce in modo stizzito dinanzi all’abilità dimostrata da Bilbo, anzi ne riconosce in modo sportivo la bravura. In seguito, durante la prigionia nelle segrete di re Thranduil, è Balin, il più anziano della compagnia dopo l’apparente scomparsa di Thorin (che è stato, in realtà, imprigionato dagli elfi prima dei suoi amici) a provare a difendere se stesso e i suoi amici dall’accusa di aver commesso un crimine nel territorio degli elfi silvani: «Ma che cosa abbiamo fatto, o re? […] È forse un crimine perdersi nella foresta, avere fame e sete, essere intrappolati dai ragni? I ragni sono dunque i vostri animali domestici o vostri cari amici, che ucciderli vi fa infuriare?» (Lo Hobbit, p. 198).

Dopo aver con successo ritrovata e aperta la porta segreta sul fianco della Montagna Solitaria, è ancora Balin «che aveva molto simpatia per lo hobbit» (Lo Hobbit, p. 243) a offrirsi, unico fra i suoi compagni, per accompagnare Bilbo all’interno del passaggio segreto che conduceva alla grande sala di Thror, ove dormiva Smaug. Ed è sempre Balin che cerca di confortarlo dopo che Smaug lo aveva quasi ucciso e soprattutto, dopo che aveva instillato nell’animo di Bilbo il dubbio che i Nani lo avessero ingannato riguardo alla spartizione del tesoro (Lo Hobbit, p. 260). Dopo l’attacco di Smaug a Pontelagolungo, è ancora Balin a cercare di aiutare Bilbo, disperso nel buio della Montagna (Lo Hobbit, p. 271). Al termine della Battaglia dei Cinque Eserciti, è Balin che, a nome di tutti i nani superstiti della compagnia di Thorin, saluta Bilbo e gli augura di ritornare da loro per visitare il regno restaurato (Lo Hobbit, p. 328) ed è, ancora, l’unico nano che, accompagnato da Gandalf, torna a fare visita a Bilbo alcuni anni più tardi (Lo Hobbit pp. 341-342).

Nel «Signore degli Anelli» Balin non è più presente fisicamente, ma compare solo nel ricordo dei personaggi che lo conoscevano, primo fra tutti, Gloin, membro della compagnia di Thorin, e poi divenuto ambasciatore del Regno sotto la Montagna, che accenna alla sua figura prima in un colloquio con Frodo, poi, in modo più dettagliato, durante il Concilio di Elrond.

«Son già passati molti anni – disse Gloin – da quando un’ombra inquietante cadde sul nostro popolo. Sulle prime non ci rendemmo conto da dove venisse. Parole incominciarono a sussurrarsi in gran segreto: si disse che eravamo intrappolati in una terra stretta e scomoda, e che nel resto del mondo avremmo trovato maggiore splendore e ricchezza in quantità. Alcuni parlarono di Moria: le imponenti opere dei nostri padri, chiamate nella nostra lingua Khazad-Dum; essi sostennero che ormai eravamo finalmente abbastanza potenti e numerosi per ritornarvi. […] Ma ora se ne parlava di nuovo con nostalgia, eppur con timore, perché nessun Nano ha osato varcare le porte di Khazad-Dum da molti e molti anni. […] Infine, comunque, Balin prestò orecchio ai sussurri e decise di partire; e benché Dain non fosse molto entusiasta di vederli andar via, portò con sé Ori ed Oin e molti dei nostri, e si misero tutti in cammino verso sud. Questo avvenne all’incirca trent’anni fa. Per un certo tempo giunsero notizie che parevan buone: messaggi comunicavano che essi erano entrati a Moria, e avevano messo in opera grandi lavori. Poi vi fu il silenzio, e da allora non abbiamo più ricevuto una sola parola da Moria» (Il Signore degli Anelli, p. 197).

Come si può notare da questa lunga citazione, Tolkien descrive molto bene il meccanismo delle fake-news, anche se immagino non fossero molto diffuse ai suoi tempi: nessuno fra i Nani è in grado di indicare con precisione chi abbia iniziato a diffonderle, eppure non può ignorarne l’esistenza; come ogni fake-news che si rispetti, inoltre, è stata costruita in modo da non apparire palesamente falsa all’interno di uno specifico uditorio; in terzo luogo, si dimostra in grado di spaccare la comunità fra coloro che vi prestano ascolto (Balin & Co.) e quanti mantengono perplessità e riserve, come Dain e lo stesso Gloin. Quanto alla seconda condizione, vorrei sottolineare come una fake-news che avesse sottolineato la liberazione di Moria dal Balrog sarebbe stata troppo grossolana per essere creduta, dal momento che avrebbe suscitato diversi interrogativi, come questi che riporto di seguito: «Quando è stato ucciso?» e soprattutto «Qual è stato l’eroe in grado di misurarsi con un avversario così temibile?» La fake-news, invece, deve dimostrarsi credibile, facendo, allo stesso tempo, leva sull’orgoglio e sull’ambizione di chi l’ascolta: sono i Nani ad essere divenuti troppo numerosi e potenti per restare confinati nella Montagna Solitaria, non è il resto del mondo ad essere cambiato. Balin, nonostante tutta la sua esperienza e saggezza ci casca: probabilmente, si può immaginare che alla base della sua valutazione errata, ci fosse il ricordo dello sfortunato tentativo di Thor, che aveva cercato, inutilmente, di reclamare il trono di Moria, e la necessità di rintracciare alcuni cimeli della casa di Durin, come l’Ascia di Durin I il Senzamorte e l’ultimo anello dei Nani che, erroneamente, credeva fosse stato nascosto in una delle tombe regali di Khazad-Dum, mentre, come sappiamo, era stato estorto da Sauron a Thrain II nelle segrete di Dol-Guldur molti anni prima.

La storia della colonizzazione di Moria da parte di Balin e dei suoi compagni avrebbe meritato un’appendice a parte: è davvero un peccato, a mio parere, che Tolkien non abbia scritto altro su questo valoroso, ma sfortunato tentativo di riacquistare il controllo di Moria da parte dei Nani. Si può ragionevolmente supporre che nel libro di Mazarbul fosse narrata questa vicenda in modo approfondito: giustamente, tuttavia, la Compagnia non poteva dedicarvi il tempo necessario per esaminarlo nella sua integrità, sia perché le sue condizioni materiali erano penose, sia perché mancava il tempo per farlo (anzi, si potrebbe aggiungere che averne lette alcune pagine abbia fatto correre il rischio di portare al fallimento l’intera missione, facendo cadere la Compagnia nell’agguato degli Orchi e del Balrog). Pur non essendo l’argomento principale di questo articolo, mi preme sottolineare un dettaglio che spesso sfugge ai lettori e agli appassionati in genere del «Signore degli Anelli» in merito all’incantesimo che protegge i cancelli occidentali di Moria. Molti fan, infatti, sia sui blog che sulle pagine facebook dedicate alla Terra di Mezzo, si sono chiesti perché Sauron, ai tempi delle guerre contro i Nani e gli Elfi dell’Eregion, non sia riuscito a superare le difese delle porte di Moria, nonostante la possibilità di risolvere, come fece Gandalf, l’enigma intorno alla parola di comando del cancello. Si dimentica, invece, a questo proposito, che le lettere tracciate sulla porta del reame nanico, a differenza di quanto mostrato nella prima opera cinematografica di P. Jackson, non sono «automaticamente» richiamate dalla luce dei raggi della luna e delle stelle, ma dormono sin quando non sentono «il tocco di chi pronunzia parole ormai da tempo obliate nella Terra di Mezzo» (SdA, p. 246), e che Sauron, a differenza di Gandalf, evidentemente non conosceva.

Chiusa questa piccola parantesi, cerchiamo di comprendere quale possa essere stata la storia della colonia: sappiamo, in primo luogo, che Balin fu accompagnato da molti nani. È difficile però stabilire il loro numero: proprio in alcuni paragrafi successivi alla descrizione del libro di Mazarbul, infatti, Tolkien dichiara che Aragorn e Boromir uccisero molti orchi: in realtà, il computo finale delle vittime è di soli 13 caduti, in pratica poco più di un orco ucciso per componente della Compagnia. Una cifra che, almeno apparentemente, ci appare deludente per giustificare l’uso del termine «molti» da parte dell’autore, soprattutto se confrontiamo il brano in questione con la sua rappresentazione cinematografica, ove gli orchi muoiono a decine. Cosa intendeva dire, dunque, Tolkien, quando scriveva che la compagnia di Balin era composta di numerosi nani, destinati a colonizzare almeno una parte del vasto regno nanico? Cinquanta, o ancora di più? Purtroppo è difficile rispondere a questa domanda: Gandalf, leggendo alcune pagine del libro di Mazarbul, annota solo sette morti: Fili, che viene ucciso nel primo scontro con gli Orchi; Balin stesso; Frar, Loni, Noli nella difesa del secondo salone; infine Oin e Ori. Decisamente troppo pochi per fondare una colonia in un territorio così ostile come quello di Moria. Dagli scarni brani recuperati dal libro di Mazarbul, inoltre, veniamo a sapere che i nani di Balin dovevano essere stati in grado di riaprire almeno una parte delle miniere di mithril e che dovevano aver recuperato dai sepolcri reali alcuni cimeli come l’Ascia di Durin. Sembra, inoltre, che i Nani stanziarono un dominio abbastanza circoscritto, occupando stabilmente solo i saloni attigui al Cancello Orientale, mentre una piccola spedizione potrebbe essere stata inviata al cancello dell’Agrifogliere, ossia quello dal quale aveva fatto il suo ingresso la Compagnia dell’Anello, e a recuperare le armerie superiori del Terzo Abisso. A questo punto, una domanda sorge spontanea: i Nani della colonia possedevano mappe di Moria, oppure si orientavano a tentoni? Quest’ultima ipotesi sembra difficilmente credibile, considerando che avrebbe potuto così incrementare la possibilità di imbattersi nelle aree occupate dagli Orchi: ritengo, dunque, che i Nani avessero conservato mappe di Moria, alle quali, però, non tutti dovevano avere accesso, dal momento che Gimli sembra orientarsi più facendo affidamento alle tradizioni orali della sua gente che non a indicazioni precise sui luoghi che stavano attraversando. Un altro dubbio al quale è difficile offrire una risposta riguarda la questione alimentare: come fecero i Nani, che solitamente non praticano l’agricoltura, a sopravvivere in un territorio ostile come quello di Moria per ben cinque anni? Solitamente essi ricorrevano al commercio per procurarsi le derrate alimentari: ma con quali popoli potevano commerciare a Moria (Orchi a parte)? Si può credere che essi, spinti dal bisogno e dalla disperazione, avessero preso a coltivare le terre vicine al Mirolago; credo, tuttavia, che non avessero rinunciato neppure al commercio, magari con i beorniani, (se consideriamo che con gli Elfi di Lorien essi non avessero rapporti a causa dell’ostilità fra i due popoli), dal momento che alcuni messaggeri, stando alle parole di Gloin, erano riusciti a percorrere una distanza anche maggiore rispetto a quella che separava Khazad-Dum dalle dimore dei beorniani, facendo la spola tra Moria e la Montagna Solitaria per alcuni anni. A meno che – un’opzione da non escludere a priori – i messaggi non fossero portati da uccelli, come avviene nell’Hobbit.

L’ultima pagina tratta dal libro di Mazarbul è, come confessa lo stesso Gandalf, spaventosa a leggersi: la colonia viene distrutta attraverso quella che sembra, a tutti gli effetti, un’azione concordata e non improvvisata. Notiamo, infatti, i seguenti elementi: 1) nuove truppe di Orchi sono richiamate dall’esterno, da est lungo l’Argentaroggia; 2) il livello dello stagno vicino al Cancello Occidentale sale, bloccando così la fuga verso ovest di alcuni nani che avevano tentato di intraprendere quella strada e l’Osservatore dell’acqua uccide Oin; 3) i nani odono tamburi negli abissi, una sorta di «chiamata alle armi» che precede il massacro finale. Resta da capire chi abbia ordito l’attacco ai Nani: la risposta più plausibile indica nel Balrog la mente strategica dietro tutto questo. Lungi dall’apparire come una sorta di gargoyle medioevale – tale, infatti, è l’aspetto della creatura nella pellicola di Jackson – credo sia più opportuno immaginare il Balrog come un demone dalla forma indistinta, ma dai tratti più umanoidi rispetto alla nota rappresentazione sopra citata. In basso, una rappresentazione del Demone di Fuoco secondo me maggiormente fedele alla (scarna) descrizione tolkieniana:

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Un demone in grado di parlare e pronunciare incantesimi (come quello con il quale tentò di impedire a Gandalf di chiudere la porta della Camera di Mazarbul) e, in conclusione, di ordire un’azione militare ben congegnata per distruggere il breve tentativo dei nani di Balin di riprendere possesso dell’antica città di Khazad-Dum.